Postato su 2014-10-09 In Giubileo 2014

Cento anni di cammino. Uno sguardo di speranza

SPAGNA, org. Il Direttore del Movimento di Schoenstatt in Spagna, P.Carlos Padilla offre alla famiglia di Schoenstatt della Spagna e a tutti i lettori della nostra pagina schoenstatt.org, un incitamento importante e attuale al servizio della vita e al pellegrinaggio giubilare, nella sua proiezione pastorale per il mese di ottobre, il mese del giubileo dell’Alleanza d’Amore. Il punto di partenza è il regalo giubilare della Famiglia di Schoenstatt spagnola di formare una rete di Santuari vivi, una rete di vita, una rete missionaria. Il cammino “verso il 2014” sta arrivando alla sua meta. Si tratta di ringraziare e di andare avanti con speranza.

Arriviamo alla fine di un anno di grazie, di un anno di vita, Continuiamo costruendo la nostra rete di Santuari vivi.

Rinnoviamo il nostro sì a Maria nel Santuario. Come 100 anni fa. Allora un gruppo di giovani si è riunito insieme a P. Kentenich nel Santuario. Erano piccoli e deboli. In quella cappella di San Michele hanno creduto alle parole di P. Kentenich. Hanno creduto per la sua fede e hanno confidato. Hanno creduto, perché prima si sono sentiti amati. E hanno potuto così fare un salto audace. La fede di P. Kentenich li ha sostenuti e ci ha sostenuti durante i 100 anni. Al contempo sappiamo che la nostra fede ha sostenuto a tanti. Grazie a che crediamo, tanti credono. Così si contagia la fede. Crediamo nel potere di Dio. Crediamo nell’amore di Maria, nella sua misericordia. Guardiamo la nostra vita, la nostra propria storia e ritorniamo ad ammirarci. Dobbiamo sempre guardare il Dio della vita. P. Kentenich diceva: “Dovremmo sforzarci molto di più per legarci al Dio della vita , piuttosto che al Dio del nostro cuore, al Dio degli altari, al Dio dei libri ascetici. (P. Kentenich 1953) Ci rechiamo, perciò, a Schoenstatt e a Roma, per incontrarci con il Dio della nostra storia. Andiamo a ringraziare, a guardare la nostra vita di Schoenstatt, quanto Dio ha fatto con noi, tutto quello che Maria ha operato. Andiamo sorpresi di tanti miracoli di grazia. Trasformazioni che accadono nel silenzio del cuore e che molto pochi sono i testimoni. Ma spesso non ci rallegriamo, non ringraziamo e le cose senza tanta importanza ci tolgono la pace. Vanità delle vanità. Tutto è vanità, leggiamo nella Sacra Scrittura. È vanità tutto ciò che ci toglie la pace con frequenza e non è fondamentale. Il potere, il protagonismo, le invidie, le gelosie. Dobbiamo ritornare alla semplicità dell’origine, di un sacerdote giovane e sognatore, colmo di Dio, che ha creduto. A un gruppo di giovani che hanno avuto fiducia e come bambini hanno fatto il salto. Vogliamo ritornare alla semplicità della vita d’Alleanza, in cui consegniamo il cuore e Maria ci consegna il suo. A quello che è veramente importante, al servizio che non misura, non calcola, non esige, non denuncia. Al servizio gioioso dei bambini innamorati di Dio nel cammino.

In questi 100 anni sono successe tante cose, sono giunti tanti cuori giovani al Santuario.

Ci sono state tante gioie e tante tristezze e tanti dolori. Maria ha aperto il suo cuore e si è riempita di tante petizioni e desideri. Maria ci dice nell’atto di fondazione: “Attirerò da qui i cuori giovani verso di me, e li educherò come strumenti adatti nelle mie mani” Così è stato durante questo secolo. Così continuerà essendo. Ella forma cuori nelle sue mani di Madre. Perciò ci alzeremo questo 18 ottobre, 100 anni dopo, per guardare sorpresi la fedeltà di Maria, la fedeltà di Dio. Ci aspettano sempre. Hanno pazienza con i nostri dubbi e le nostre paure. Maria è nel Santuario in attesa del nostro sì. Ci guarda commossa e gioiosa. Sempre ci guarda e aspetta il nostro amore. Il sì del nostro amore. Quel sì che cambia il mondo. Il primo sì di P. Kentenich. Il sì di quei congregati innamorati. Il sì di tanti altri, migliaia, che durante cento anni hanno scoperto nel Santuario il loro focolare e si sono radicati. Il primo è quel sì dato con semplicità e umiltà, il sì all’amore di Maria. È il fondamentale. In che cosa devo dire sì a Maria, al Signore, nella mia vita? Il sì è importante. È quel sì che Maria continua aspettando. Quello che non mi stanco di ripetere ogni mattina. Il sì che non passa mai. Il sì da cui tutto comincia e tutto cambia. Il mondo nuovo, l’uomo nuovo, il mio cuore trasformato.

L’Alleanza ci introduce in una terra sacra, la terra del Santuario.

Quando i giovani sono arrivati per la prima volta a quella cappella, il suolo era di terra. Si è fatta terra sacra mediante la loro dedicazione, con il sì di Maria. Maria all’entrare, ci fa sacri. Scrivi i nostri nomi nel cuore per sempre. Già ce lo dice Gesù: “Rallegratevi, non perché scacciate i demoni nel mio nome, bensì perché i vostri nomi sono scritti nel cielo”. Lassù sono scritti per sempre i nostri nomi. Lassù apparteniamo. Siamo quei primi congregati. In Dio non c’è tempo. Siamo il principio della storia. Tutto ritorna oggi a cominciare. Abbiamo di nuovo fiducia, Di nuovo ci abbandoniamo nelle mani di un Padre che crede in noi. La storia si ripete. Siamo di nuovo invitati ad essere santi, non ci avviliamo pensando che non vale la pena. È l’arena del deserto, l’acqua del mare. È il fango del nostro Santuario che si converte in terra sacra. È il nostro piccolo apporto, quasi insignificante. Ma siamo stampati nel cuore di Dio, nel cuore di Maria. È ciò che conta. Scacciare i demoni, benedire, parlare di LUI, amare concretamente. Sì tutto questo è importante. Ma il fondamentale è che i nostri nomi son già scritti per sempre nel cuore di Cristo.

Siamo grati del cammino percorso. Sappiamo che Maria trasforma il cuore, quando se lo consegniamo.

Ognuno sa quando e come ha cominciato a cambiare la sua vita. Quando abbiamo fatto l’alleanza, le chiediamo alcune cose, le offriamo la vita. Consegniamo le nostre paure, il futuro incerto, tanti dubbi e domande aperte. Maria ha accolto il nostro cuore con semplicità e gioia. Ora Maria ci aspetta di nuovo. Che cosa le vogliamo consegnare? Che cosa le vogliamo chiedere, quando giunga il momento, la ora esatta? Che cosa vogliamo mettere ai suoi piedi nel Santuario Originale o nel nostro Santuario filiale, quando viviamo di nuovo quell’ora di grazie? Quali sono quei sogni che sorgono nell’anima al pensare a Schoenstatt? Sogniamo in alto, in grande. Ma è la verità che non sappiamo bene ciò che succederà. Non sappiamo i miracoli di grazia che realizzerà Maria al compiersi i cento anni. Semplicemente chiediamo a Dio che ci regali un cuore aperto e uno sguardo puro per ricevere il regalo di vivere questo Giubileo. Sicuramente, a ciascuno di noi, toccherà in qualche momento il cuore. Coloro che non vanno, lo celebreranno in casa. Coloro che vanno in pellegrinaggio al Santuario Originale. Coloro che portiamo nel cuore. Tutti lo viviamo insieme. Gli uni con gli altri. Coloro che vanno. Coloro che restano qui vegliando e avendo cura della nostra terra sacra. Siamo uniti in una rete. La rete simbolizza quella consegna di tutti, quei legami che uniscono. È il desidero profondo di unità. Guardiamo la rete caricata di volti. Di sogni, di desideri, di difficoltà, di gioie. Qui siamo iscritti per sempre. È vero che oggi mancano tante persone care che ci hanno lasciato. Sono nei nostri cuori. Coloro che già non ci sono più, ma che sono nelle fondamenta della nostra vita e ci hanno marcato con le loro vite, con la loro dedizione. Anche coloro che hanno preso altri cammini e si sono allontanati dal Santuario. Hanno dato il loro sì, e hanno lasciato il loro nome scritto nel Santuario, nel cuore di Maria. E anche loro oggi li portiamo con noi. Siamo molti ed è molta la ricchezza. Ognuno importa, è necessario. Ogni croce, ogni gruppo, ogni celebrazione, ogni Santuario costruiti ogni dolore ed ogni incontro, ogni gioia. Andiamo come pellegrini per inginocchiarci come bambini davanti a Lei, ringraziarla e chiedere di accoglierci sotto il suo manto, che ci cambi il cuore, che ci mandi prendendoci per mano.

Mettiamo tutto ai suoi piedi, affinché Ella ci porti al largo.

Quella rete, che risalta l’unità, è lanciata al vento. È consegnata al mondo che ha bisogno della pace di Dio. Una rete che vuole arrivare a molti cuori. Perché non vogliamo essere un movimento malato, stanco, imborghesito, senza animo di portare la Buona Novella a molti cuori. No. Vogliamo essere un movimento in cammino, audace, profetico. Un movimento pellegrino. P. Kentenich diceva quel giorno cento anni fa: “Un pensiero audace, quasi troppo audace per il pubblico, ma non troppo audace per voi. Quante volte nella storia del mondo è stato il piccolo e l’insignificante l’origine del grande, del più grande! Perché non potrebbe succedere anche lo stesso con noi?”. Sì è un pensiero molto audace. Ci sentiamo molto piccoli. È qualcosa immenso che ci trabocca. Ma lo sappiamo. Dal piccolo è dove cambia il mondo. Un cuore trasformato cambia altri cuori. Così ha agito Dio, nel piccolo, nella terra sacra di ciascuno. Così ha agito Cristo. Ma come ci sentiamo piccoli, spesso corriamo il rischio di restare immobilizzati nella nostra comodità, per paura, per insicurezza. Conserviamo il talento invece di consegnarlo. È necessario uscire, portare quello che abbiamo ricevuto. Amare gli uomini, dare la vita senza paura. Scrivere i nomi nel cielo. Sì, è quella la santità che aspetta da noi Maria. La vita consegnata, non conservata con cura. Quello che conserviamo, lo perdiamo. Mentre che la vita che si perde. È feconda.

Originale: spagnolo. Traduzione: Maria Tedeschi, La Plata, Argentina

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