Le Missioni Familiari in Italia

L’arte di suonare i campanelli, battere alle porte, la Madonna Pellegrina che percorre tutto il paese, la vita comunitaria, le liturgie con la gente del paese, l’accoglienza della gente, la condivisione…

Una sfida del nostro tempo

Quando ci sono tanti interrogativi sulla famiglia, di diversi generi: antropologici, sociali, politici e sopratutto religiosi, Dio chiama alcune coppie affinché il loro amore sponsale diventi anche missionario, cioè un’amore che si esterna fuori dal loro recinto. P. Kentenich, fondatore del Movimento di Schoenstatt, incita le famiglie, già negli anni ’60, a non dimenticarsi che proprio la famiglia ha un dovere essenziale nell’evangelizzazione e nella conformazione della società, e che una certa passività in questo campo, sommata alla crescente crisi di fede, avrebbe portato conseguentemente ad una crisi della famiglia stessa. La famiglia ha una missione in se’, la sua forza e bellezza risiede nella testimonianza vera, quindi non servono tanto i libri, le parole, i discorsi.

Le missioni familiari nacquero a Santiago del Cile, alla fine degli anni ’90, attorno alla parrocchia “Nuestra Señora de los Dolores”, con l’impulso e la determinazione di P. Hernan Alessandri (Padre di Schoenstatt, che attualmente è in processo di canonizzazione) il quale riuscì ad intravedere l’importanza di una impresa come questa. “La famiglia non nasce ma diventa missionaria” ripeteva spesso. Poco tempo dopo, in Paraguay e in Argentina furono diffuse con molto vigore. Oggi ci sono anche in Spagna, Portogallo, Costa Rica, Brasile ed Ecuador.

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Come funzionano?

Si sceglie una parrocchia dove fare la missione. Di solito non una città, ma un paese. Ci si coordina preventivamente con il parroco e si stabilisce la data della missione e ciò che serve, sia a livello di infrastruttura sia dal punto di vista spirituale (animazione delle Messe, confessioni, incontro con giovani, madri, famiglie, bambini, teatro, ecc.). Perché l’esperienza possa coinvolgere nell’intimo i missionari, abbiamo notato che idealmente i giorni oscillano tra 5 e 7. Il gruppo missionario è composto al minimo da 5 coppie con i loro figli, più gli altri giovani, amici dei figli, ecc. Così si arriva a una proporzione di 1 adulto su 5 giovani. In modo tale che sia innanzitutto un’esperienza che coinvolga i giovani e che loro si sentano a proprio agio. In questo modo l’esperienza di famiglia segna il loro traguardo, e l’aspetto missionario coinvolge il loro orizzonte. C’è in questo modo una Chiesa nascente fondata sulle basi e i desideri di una famiglia cristiana e l’impegno per un protagonismo nella Chiesa.

Qual è allora la bellezza di cui si parla?

La bellezza si trova nel fatto che la famiglia trascorrendo i giorni diventa missionaria; genitori, giovani e bambini insieme si mettono a disposizione del Vangelo e dei fratelli della comunità in cui si trovano. Una vera e propria rivoluzione negli adulti e nei giovani, perché è un’esperienza al 100% di fede, di condivisione, di famiglia, di servizio; la cosa bella è che non ci sono tempi per le teorie.

17743448780_9c72671ebc_kCome nascono in Italia – L’agire umano e la provvidenza

P. Alfredo, cappellano universitario a Roma Tre e assistente dei giovani della parrocchia di Santi Patroni, in una chiacchierata casuale con un paio di coppie, racconta di dover assistere un parroco amico durante la Settimana Santa, e lì pensando ad un’animazione congiunta tra giovani e famiglie, lancia l’idea di fare, durante la Settimana Santa, qualcosa di diverso. Così il desiderio di rischiare, come l’appello del Papa ad uscire a diventare meno autoreferenziali, ha indotto coppie e giovani a provare questa nuova esperienza. Il risultato è stata la prima missione familiare in Italia.

Siamo convinti che la Madonna aspettasse il momento opportuno, e fortunatamente abbiamo colto il segno.

L’accoglienza di Don Moreno, parroco di Val di Zoldo, davanti a questa nuova iniziativa è stata un altro segno della Provvidenza. Senza capire molto bene cosa sarebbe venuto fuori da tutto questo non ha mai tralasciato la cura, l’attenzione e la vicinanza a noi.

Dopo la prima viene la seconda… E la terza perché no???

Dopo l’ottima esperienza trovare consenso per la seconda missione è stato più facile. Il passaparola e l’entusiasmo dei primi hanno reso molto convincente l’invito alla seconda missione. Qui torniamo sempre al vecchio adagio “Le parole le porta il vento, sono i fatti che contano…”, senza la testimonianza non c’è possibilità alcuna di svolgere un’esperienza missionaria.

Le famiglie sono diventate cinque, oltre ai 35 giovani. In totale eravamo una cinquantina.

Questa volta Don Moreno ci ha messo a disposizione un asilo che velocemente è diventato il focolare della Missione.

Dopo aver fatto la seconda esperienza, abbiamo guadagnato non solo più esperienza, ma anche consapevolezza che qui Dio sta agendo molto fortemente e che dobbiamo quindi impegnarci di più per rispondere con fedeltà alla Sua chiamata, quindi una terza viene fatta per forza.

29253179562_92896ba32e_kL’atmosfera

Dentro si respira la famiglia, con tutte le sue possibili sfumature che mettono in risalto quanto sia importante l’esperienza della famiglia all’interno dell’evangelizzazione. A partire dall’esempio dei più piccoli, i bambini che instancabilmente dalla mattina alla sera portano gioia, entusiasmo e tanto chiasso!!! Senza dubbio questo genera una specie di catena che contagia genitori, universitari e liceali. Non è facile spiegare, ma l’innocenza e gioia con cui i bambini partecipano alle attività e alla missione nelle case diventa una lezione per noi adulti perché spesso le cose sono più semplici di quanto noi le immaginiamo, e loro su questo punto sono molti passi avanti.

Così come è molto importante la presenza delle famiglie – genitori e bambini – è anche importante la presenza dei giovani, liceali e universitari. Perché sono anche loro a creare la bellezza della missione. Quando l’atmosfera non ha la freschezza della gioventù, i ragazzi lo avvertono subito e gradualmente perdono interesse. Poi per altro è importante lavorare sull’esperienza di crescita dei giovani, ovviamente accettando le loro imperfezioni e la loro immaturità, ma apprezzandone la forza, la creatività, la gioia e l’impegno, che rendono i ragazzi il centro dell’intera missione.

La vita in comune

La missione familiare porta con sé due dimensioni, una esterna e una interna. La dimensione interna si basa sulla condivisione spirituale e comunitaria dei missionari. Ogni mattina la giornata comincia in cappellina, con la preghiera del mattino. Ogni missionario appartiene ad una famiglia a cui fa riferimento. Dopo i vari servizi da svolgere come in un campo estivo (spiritualità, servizio durante i pasti, la pulizia dei luoghi comuni), c’è sempre una riflessione fatta dal sacerdote che accompagna, caratterizzando il giorno con alcuni valori e aspetti della missione; dopodiché i genitori rinnovano l’invio dei figli alla missione e si esce per la missione porta a porta, a incontrare le persone. Il Paese è ripartito tra le famiglie, in modo tale da ricoprire tutti i quartieri. Così oltre ai pasti, dove si condivide non solo il cibo, ma l’esperienza realizzata in giornata, c’è la ricreazione, un momento di divertimento per conoscersi, ridere e, finalmente, il raccoglimento nella cappellina per l’ultimo affidamento della giornata.

28740887733_767a8ab087_kMaria, la prima Missionaria

Per quanto riguarda la dimensione esterna, Maria è la prima missionaria, quella che si affida completamente alla volontà del Signore, e senza trascurare la sua consegna piena a Dio, è sempre a disposizione degli uomini. Maria ci insegna l’abbinamento armonioso tra contemplazione e servizio, tra intimità e vita comunitaria, tra preghiera e apostolato. Così com’è la prima interessata a che l’amore del suo figlio arrivi a tutti. Lei ci chiama, Lei ci sceglie, Lei ci invia, Lei apre le porte, Lei è quella che parla e che intercede, Lei si occupa dei suoi figli, Lei fa che una comunità diventi famiglia. Perciò ogni coppia missionaria porta un’immagine della Madonna, e lo scopo delle visite non è altro che la preghiera, la condivisione e l’ascolto reciproco. Impariamo a vicenda, ci sosteniamo l’un l’altro. E se l’occasione lo permette, invitiamo le persone alle attività parrocchiali e alle liturgie. Lasciamo un santino della Madonna, e promettiamo di portarli in cappellina dove, uniti in Maria, preghiamo gli uni per gli altri.

La Settimana Santa – La Pasqua del Signore

La Settimana Santa è la festa più importante per noi Cristiani, e purtroppo nelle grandi città certe tradizioni tal volte si perdono. I giovani sono meno coinvolti e invogliati, a volte per la lunghezza dei riti che li annoia e fa sì che loro non colgano la bellezza dei simboli e la forza di queste feste. Perciò la Settimana Santa ci dà la possibilità di vivere assieme a un paese la festa più importante per la fede e di celebrare assieme a loro la risurrezione del Signore Gesù, quindi è un trascorrere assieme per la passione, morte e risurrezione del Signore e allo stesso tempo un addentrarsi veloce al mistero e al cuore del paese. Perciò con l’occasione della Settimana Santa si genera un’occasione di gran condivisione.

29074111080_1962242dae_kFare la missione significa soprattutto ricevere indietro tante volte in più ciò che si è dato…

Naturalmente l’impatto è reciproco. Nelle famiglie che fanno la missione come nel paese. Per i genitori vedere i figli fare la missione e impegnarsi con gioia nelle attività è una soddisfazione unica. Al contempo, i giovani scoprono quanto sono utili, quanti doni portano con sé, e quanto fa bene all’anima il condividere gratuitamente. Possiamo dire che scoprono anche la loro vocazione alla Chiesa, vocazione che da sempre è stata in loro, ma che si conferma nell’attivarsi e nel rendersi conto che la Chiesa sono loro e senza di loro non sarà mai la stessa. E inoltre, come già abbiamo accennato, la forza dei giovani e dei bambini fa rinascere negli adulti una freschezza e una vitalità singolari. Una vera esperienza “pneumatica”. La forza e la purezza dell’amore di una famiglia hanno un potere meraviglioso. Di solito anche l’accoglienza del paese, la familiarità, i vincoli che nascono dal nulla, risposte a domande cercate, e la felicità di una condivisione mai pensata producono un impatto che trasforma.

Anche per il paese si tratta di una esperienza che travolge: ma se loro che vengono da lontano si impegnano così con gioia nella mia Chiesa, nel mio paese, perché non dovrei io fare altrettanto? Perché anch’io non posso essere portatore della stessa gioia, della stessa vita? La speranza si rinnova perché si condivide.

Nulla senza di te, nulla senza di noi

Finalmente si acquisisce la consapevolezza di essere uno strumento, perché la Missione non è altro che un dono di Dio. Siamo una matita nelle mani di Dio, direbbe Madre Teresa di Calcutta, perché Dio ci colma permanentemente di doni e benedizioni, solo che non sempre abbiamo il tempo e il coraggio di guardarli.

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