Postato su 2013-07-17 In Santuario Originale

18 Luglio 1914 – 18 Secoli dopo fiorivano altre Pompei

ITALIA, mdc/mda. Il 18 Luglio 1914, 99 anni fa, Padre Kentenich leggeva quel celebre articolo  – nell’ultimo capoverso di un giornale, decisamente in secondo piano –  in cui si parlava del Santuario di Valle di Pompei. Un luogo di pellegrinaggio – fatto di fiducia e di dedizione, di preghiera e d’impegno – dell’Avvocato Bartolo Longo e di tutti quelli che hanno aderito alla sua iniziativa. In Padre Kentenich si destò la domanda: “Non sarebbe possibile …?” Tre mesi dopo, “l’antica Cappella di San Michele” nella Valle di Schoenstatt, diventa Santuario della Madre tre volte Ammirabile, diventa Santuario originale, circondato oggi da un’aureola di circa 200 Santuari Filiali e migliaia di Edicole e Santuari Domestici in tutti i continenti, diventa quel Santuario originale che è “la nostra patria comune e la nostra sorgente di grazie particolari, senza le quali non possiamo né esistere né agire, né come Famiglia del Padre né come Movimento Apostolico a servizio della Chiesa e della Società” (P. José Maria Garcia, 2.2.2013). Molto prima che Schoenstatt fosse conosciuto in Italia, il celebre Monfortano, Padre Alberto Rum, fece visita a Schoenstatt. Morto 5 anni fa, egli è stato una grande personalità, soprattutto nel campo della Spiritualità Mariana. Poco tempo dopo la sua visita egli pubblicò nella rivista monfortana un articolo di 3 pagine su Valle di Pompei, di cui la prima dedicata all’eruzione del Vesuvio, la seconda a Bartolo Longo e la terza a Schoenstatt.

Il 18 Luglio 2013, 99 anni dopo che un articolo di giornale divenne per Padre Kentenich VOCE dello Spirito Santo, pubblichiamo il contributo di Padre Alberto Rum, legandolo alla richiesta di apertura a ciò che lo Spirito di Dio ci dice oggi attraverso le voci del tempo e i giornali, le trasmissioni televisive e le pagine di Internet.

 

18 SECOLI  DOPO FIORIVANO  ALTRE   POMPEI

Nell’itinerario turistico e religioso dell’Italia d’oggi, vi è quasi sempre una sosta obbligata a Pompei, sia per una preghiera nel celebre santuario della Madonna, sia per una visita all’antica città romana sepolta dal Vesuvio.

Quest’anno, poi, l’interesse per Pompei si fa tanto più vivo in quanto, il 24 agosto p.v., si compiranno 19 secoli dalla tremenda catastrofe del 79 d.C.

Piace qui rileggere quell’immane tragedia in chiave di speranza cristiana. Si, anche di fronte ai “campi cosparsi – di ceneri infeconde, e ricoperti – dell’ impietrata lava”; anche di fronte alle “città famose, – che coi torrenti suoi l’altero  monte  dall’ ignea bocca fulminando oppresse” (Leopardi).

Il mistero del dolore e della morte è pur sempre illuminato dalla fede e dalla speranza cristiana: una speranza che, grazie a Dio, è in qualche modo intuita dal Poeta: “Torna al celeste raggio,- dopo l’antica obblivion, l’estinta – Pompei …”. Si, torna al celeste raggio, nel nome di Maria, Madre della nuova umanità.

Nessuno, a Pompei, aveva ravvisato nel disastroso terremoto del 5 febbraio 69 d.C.  il primo atto della non lontana tragedia. Il Vesuvio sembrava addormentato, se non addirittura estinto, quando nel chiaro mattino del 24 agosto 79 scoppiò improvvisa la sua ira distruttrice. Sul finire di quello stesso giorno, una pioggia fittissima di cenere e lapilli aveva sepolto insieme tre ridenti città: Pompei, Ercolano e Stabia.

In due lettere familiari, Plinio il Giovane descrive “l’eccezionale spettacolo”, al quale egli stesso aveva assistito da Capo Miseno, dove lo zio, Plinio il Vecchio, esercitava allora il comando della flotta romana.

Si innalzava una nube (non si capisce bene, guardando da lontano, da quale monte, e si seppe poi che era il Vesuvio), della quale nessun altro albero meglio del pino avrebbe reso la forma e l’aspetto… Già cadeva su le navi la cenere, più calda e più densa quanto più ci accostavamo; già cadevano pomici e pietre nere arse e frantumate dal fuoco … Frattanto da molti punti del Vesuvio rilucevano grandissime fiamme e altri incendii, di cui le tenebre notturne rendevano più viva la splendente chiarità … Una nube nera e spaventosa, squarciata da serpeggianti e balenanti guizzi di fuoco, si scoscendeva in lunghe strisce di fiamme, e queste erano simili a fulmini, e anche maggiori … Ecco allora (mia) madre pregarmi, esortarmi, comandarmi di fuggire in ogni modo; un giovane poteva; ella, grave di anni e di corpo, sarebbe morta contenta di non essere stata cagione della morte mia. Replicai che non mi sarei salvato se non insieme con lei. E, presala per mano, la sforzai ad affrettare il passo. Obbedì a stento, accusandosi di essermi causa di ritardo” (Da “ Plinio il Giovine · Lettere ai familiari libri  VI·IX”, a cura di G. Vitali pp. 27-45).

Basterebbe la cara immagine di questa mamma, sollecita più della vita del figlio che di sé, per gettare una luce di speranza sulla tomba dei 20.000 abitanti dell’antica città pompeiana.

Per circa 16 secoli Pompei rimase muta nel suo sepolcro. Nel 1709 iniziano, poi nel 1738 e nel 1745 proseguono gli scavi archeologici che prendono avvio definitivo e sistematico solo a metà del sec. XIX, per opera di Giuseppe Fiorelli.

La nuova Valle di Pompei

Dagli scavi emergono preziose vestigia. La vita vince la morte, ed è in questo solco di risurrezione che negli anni 1872-1876 nasce la nuova Valle di Pompei, per merito del giovane avvocato Bartolo Longo. “Già da molto tempo – scrive di lui la contessa Marianna de Fusco-Longo – egli si era disingannato della scuola spiritistica ed era diventato una conquista della Madonna; e dovunque andava, cercava di propagare la devozione ai 15 misteri del ss. Rosario”.

Le misere condizioni umane e religiose in cui versava allora la povera gente di quella sperduta e malfamata Valle a Pompeia, con una parrocchietta che faceva pietà, subito destano progetti ardimentosi di bene nell’animo di Bartolo Longo. Raccoglie immagini sacre, corone e crocifissi da regalare.

Si fa catechista. Prende la palla al balzo, quando, il 14 novembre 1875, Mons. G. Formisano, vescovo di Nola, gli propone di costruire un Tempio in onore della Madonna. L’8 maggio del 1876 vien posta la prima pietra dell’erigendo santuario.

Commovente è la storia del quadro della Madonna del Rosario che doveva sostituire l’immagine a stampa. “Sappiate che questa tela farà miracoli …”, disse Sr. M. Concetta De Litala, consegnandola a Bartolo Longo.

Da Napoli il quadro fu portato a Pompei nientemeno che “sopra un carro di letame!”.  “Quanti – osserva finemente Marianna De Fusco-Longo – quanti, poi, sarebbero venuti sul carro delle proprie miserie per vederle trasformate nelle gemme della sua Corona e del suo Manto!”.

E’ questo stesso quadro, restaurato dai Monaci Olivetani, che il 23 aprile 1965 Paolo VI restituirà al santuario di Pompei, ricordando “per riconoscenza e per ammirazione” la memoria “del servo di Dio Bartolo Longo, a cui Pompei deve il suo Santuario, le opere che lo circondano e l’immenso alone di pietà mariana che ne rende famoso nella Chiesa e nel mondo il nome benedetto… Grande memoria, che ci svela arcani e materni disegni della Madonna e ci invita a un perenne risveglio di culto e di fiducia verso la Madre di Cristo”.

Così è. Dove arriva Maria, anche il deserto fiorisce!

A SCHÖNSTATT          

Avvenne che il 18 luglio 1914, un sacerdote tedesco, p. Joseph Kentenich, leggesse nel giornale Allgemeine Rundschau un articolo sulla storia di Bartolo Longo e della Valle di Pompei, come quel santuario era divenuto centro di rinnovamento spirituale per l’Italia.

“Questa notizia fece riflettere p. Kentenich. Non era forse questo il cenno di Dio, che egli attendeva in silenzio? Già da lungo tempo, infatti, si sentiva spinto ad educare uomini, che vivessero pienamente il cristianesimo, come lo esigevano i tempi nuovi.

Voleva formarli secondo l’immagine di Maria e col suo aiuto. Pertanto, quando Dio gli affidò la direzione spirituale della gioventù nella casa dello studente, a Schönstatt – una cittadina presso Coblenza, sul Reno -, egli vide in ciò il segno per mettersi all’opera. La congregazione mariana sorse e cominciò a fiorire” (A. Klaiber, Con Maria, p. 24).

P. Kentenich si rendeva conto che la sua congregazione mariana aveva bisogno d’un centro permanente e di una “idea entusiasmante, che ne tenesse vivo lo slancio”. Nei fatti di Pompei forse Dio gli indicava la strada. Non potrebbe l’antica cappella  di S. Michele, espressamente restaurata per la congregazione, divenire un santuario di Maria, se egli si impegnasse a tanto insieme con i suoi congregati?

Così P. Kentenich si convince che Dio lo chiama e che Maria attende il suo sì. E’ l’ora della fondazione della Schönstatt moderna: il 18 ottobre 1914. Nel santuario della “Madre tre volte ammirabile”, p. Kentenich dice ai congregati:

“Questa cappella sarà insieme il nostro Tabor e un luogo privilegiato ed epifanico della sovranità di Maria. Certo: noi non sapremmo compiere un’azione apostolica più grande né lasciare ai nostri successori un’eredità più preziosa di questa: muoveremo la nostra Signora e Regina, Maria, ad innalzare qui in maniera particolare il suo trono, a dispensare i suoi tesori e ad operare i miracoli della grazia… Ma noi, che faremo per questo? Ecco. Ciascuno di noi dovrà impegnarsi a raggiungere il più alto grado possibile di perfezione e di santità conforme al proprio stato. Non semplicemente grande o più grande, ma addirittura il massimo dev’essere l’oggetto del nostro slancio.(cfr. ivi, pp. 24-25).

Tale impegno – che fu poi definito “contributo per il capitale di grazie” (Gnadenkapital) – avrebbe indotto la Madre di Dio a rinnovare dal suo santuario di Schönstatt “non solo la patria tedesca, ma il mondo intero”.

E’ questo il “contratto bilaterale” – “il patto”,  “l’alleanza d’amore” – tra la Madonna e la congregazione mariana, cui si riferiscono i documenti di fondazione del movimento di Schönstatt. Col tempo, sempre ad opera di p. Kentenich, intorno al piccolo santuario della Madonna “tre volte ammirabile” è tutto un fiorire di contemplazione e di apostolato: l’Opera di Schönstatt diffusa in tutto il mondo (i Sacerdoti di S.;  i Sacerdoti secolari di S.; i Fratelli di Maria; le Sorelle di Maria; le “Frauen von S.”; le Famiglie di S.; la Confederazione apostolica, la Lega, il Movimento popolare di pellegrinaggio… ).  “E le promesse della Madonna si sono realizzate”, si legge in un opuscolo, che negli anni 1943-44 girò clandestino nel campo di concentramento di Dachau, dove lo stesso p. Kentenich fu prigioniero.

Per esperienza personale posso dire che Schönstatt è davvero una città di Maria. “A Maria io devo tutto ciò che sono ed ho”, amava ripetere p. Kentenich.

A. RUM

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