Postato su 2014-06-11 In Francesco - Iniziative e gesti

”Signore, sciogli la lingua e le mani, rinnova i cuori e le menti, affinché….

ROMA, org. “Signore, sciogli la lingua e le mani rinnova i cuori e le mani, rinnova i cuori e le menti, affinché la parola ci porti all’incontro e sia sempre “fratello” e lo stile della nostra vita si converta in shalom, pace, salam. Amen”. Francesco ha ottenuto qualcosa di inimmaginabile soltanto qualche mese fa: unire a pregare insieme per la pace tra ebrei e palestinesi: il Presidente di Israele, Simon Peres e della Palestina Mahmoud. Tanti lo hanno accompagnato con la preghiera: dal Santuario di Fatima, dal Portogallo, vari Santuari di Schoenstatt, parrocchie. Il presidente della Conferenza Episcopale dell’Argentina ha scritto a Francesco: “seguendo la sua richiesta di accompagnarlo in questi momenti di particolare importanza per la pace nel mondo, abbiamo invitato tutto il popolo argentino, tu Patria, che si uniscano dai luoghi religiosi in una preghiera a Dio, con la fiducia di figli e la coscienza di saperci fratelli”.

Un passo da giganti verso la ace in tutto il mondo, dal punto di vista di nostro Dio che ci ha creati e ci osserva. “Siamo, perciò, qui, perché sappiamo e crediamo che abbiamo bisogno dell’aiuto di Dio. Non rinunciamo alle nostre responsabilità, ma invochiamo Dio come un gesto di suprema responsabilità, di fronte alle nostre coscienze e ai nostri popoli”, ha affermato Francesco, che ha insistito che ”si ha bisogno di valore per dire sì all’incontro e non alla lotta; sì al dialogo e non alla violenza; sì alle trattative e non alla ostilità; sì al rispetto dei patti e non alle provocazioni; sì alla sincerità e non alla ipocrisia”.

Francesco personalmente ha ricevuto i due presidenti. Il primo ad arrivare è stato secondo il protocollo Mahamud Abbas, con chi il Papa ha avuto un breve incontro in una delle sale di Casa Santa Marta. Entrambi i leader, cattolico e palestinese, si sono dimostrati sempre sorridenti e colmi di speranze.

Che Dio ti benedica!

Venti minuti dopo, è apparso il Presidente israeliano, Simon Peres. La scena dell’abbraccio tra il leader palestinese e israeliano, testimone il Papa, percorrerà il mondo e chissà serva per un futuro di pace in Terra Santa. “Che Dio ti benedica!” è stato il saluto di Peres ad Abbas. I sorrisi si sono moltiplicati quando è arrivato un quarto invitato, il Patriarca Bartolomeo.

I quattro invitati insieme al Custode di Terra Santa, sono saliti su una camionetta che li ha portati ai Giardini Vaticani, dove i responsabili cattolici, ortodossi, ebrei e mussulmani li aspettavano per iniziare una preghiera per la pace storica.

Dopo pochi minuti, i cinque sono entrati nel Giardini vaticani nel luogo scelto, con cura per la preghiera, con la cupola di San Pietro alle loro spalle. Abbas, Francesco, e Peres nel centro, Bartolomeo alla sinistra. E ai due lati rappresentanti delle tre religioni del Libro e dei governi palestinesi e israeliani.

La cerimonia è cominciata con un’introduzione musicale e poi si è comunicato che “israeliani, palestinesi, ebrei, cristiani e mussulmani si trovano riuniti per offrire la loro preghiera per la pace nella Terra Santa e per tutti i suoi abitanti.”

Il luogo scelto, privo di qualsiasi connotazione religiosa, è una zona di prato in forma triangolare situata tra la Casina Pio IV, sede dell’Accademia Pontificia delle Scienze, e dei Musei Vaticani, circondata da arbusti e con vista alla cupola di S, Pietro.

Prima dell’inizio di questa celebrazione il Papa aveva chiesto nel suo conto di Twitter: “Che tutti gli uomini di buona volontà si uniscano alla nostra preghiera per la pace in Medio Oriente”.

La petizione per la pace

Sono stati ricevuti con un breve concerto di violini oboe, e arpa (che hanno accompagnato i diversi passaggi tra i diversi momenti dell’atto), e una spiegazione in inglese conservando l’ordine dell’intervento secondo l’ordine storico: primo gli ebrei, secondo i cristiani, e finalmente i mussulmani. La prima parte della celebrazione è stata una lode a Dio per i doni della Creazione, mentre in un secondo momento si è chiesto perdono per i peccati contro Dio e contro il prossimo. Infine il punto più atteso: la petizione per la pace tra ebri e palestinesi, in tutta la Terra Santa, in tutto il medio Oriente, per tutta l’Umanità.

La preghiera ebraica è stata, indubbiamente la più lunga, con l’intervento di Vari rappresentanti. Poi ha parlato un rappresentante degli ortodossi e il Cardinale Turkson, da parte della Chiesa Cattolica. Anche i rappresentanti islamici sono stati vari, allungando il momento stabilito della preghiera e l’intervento del Papa e di conseguenza quello dei presidenti Peres e Abbas.

Al termine, un nuovo abbraccio, e un gesto di pace. I quattro hanno piantato un piccolo ulivo, simbolo della pace che si pretende e desidera, “e che non sarà facile, ma lotteremo per essa fino alla fine della nostra vita” (come ha chiarito Peres), nei Giardini del Vaticano.

 

Queste sono state le parole del Papa:

Signori Presidenti,

Con grande gioia vi saluto e desidero offrire a voi e alle distinte Delegazioni che vi accompagnano la stessa calorosa accoglienza che mi avete riservato nel mio pellegrinaggio appena compiuto in Terra Santa.

Vi ringrazio dal profondo del cuore per aver accettato il mio invito a venire qui per invocare insieme da Dio il dono della pace. Spero che questo incontro sia un cammino alla ricerca di ciò che unisce, per superare ciò che divide.

E ringrazio Vostra Santità, venerato Fratello Bartolomeo, per essere qui con me ad accogliere questi illustri ospiti. La Sua partecipazione è un gran dono, un prezioso sostegno, e testimonianza del cammino che come cristiani stiamo compiendo verso la piena unità.

La vostra presenza, Signori Presidenti, è un gran segno di fraternità, che compite quali figli di Abramo, ed espressione concreta di fiducia in Dio, Signore della storia, che oggi ci guarda come fratelli l’uno dell’altro e desidera condurci sulle sue vie.

Questo nostro incontro di invocazione della pace in Terra Santa, in Medio Oriente e in tutto il mondo è accompagnato dalla preghiera di tantissime persone, appartenenti a diverse culture, patrie, lingue e religioni: persone che hanno pregato per questo incontro e che ora sono unite a noi nella stessa invocazione. È un incontro che risponde all’ardente desiderio di quanti anelano alla pace e sognano un mondo dove gli uomini e le donne possano vivere da fratelli e non da avversari o da nemici.

Signori Presidenti, il mondo è un’eredità che abbiamo ricevuto dai nostri antenati, ma è anche un prestito dei nostri figli: figli che sono stanchi e sfiniti dai conflitti e desiderosi di raggiungere l’alba della pace; figli che ci chiedono di abbattere i muri dell’inimicizia e di percorrere la strada del dialogo e della pace perché l’amore e l’amicizia trionfino.

Molti, troppi di questi figli sono caduti vittime innocenti della guerra e della violenza, piante strappate nel pieno rigoglio. E’ nostro dovere far sì che il loro sacrificio non sia vano. La loro memoria infonda in noi il coraggio della pace, la forza di perseverare nel dialogo ad ogni costo, la pazienza di tessere giorno per giorno la trama sempre più robusta di una convivenza rispettosa e pacifica, per la gloria di Dio e il bene di tutti.

Per fare la pace ci vuole coraggio, molto di più che per fare la guerra. Ci vuole coraggio per dire sì all’incontro e no allo scontro; sì al dialogo e no alla violenza; sì al negoziato e no alle ostilità; sì al rispetto dei patti e no alle provocazioni; sì alla sincerità e no alla doppiezza. Per tutto questo ci vuole coraggio, gran forza d’animo.

La storia ci insegna che le nostre forze non bastano. Più di una volta siamo stati vicini alla pace, ma il maligno, con diversi mezzi, è riuscito a impedirla. Per questo siamo qui, perché sappiamo e crediamo che abbiamo bisogno dell’aiuto di Dio. Non rinunciamo alle nostre responsabilità, ma invochiamo Dio come atto di suprema responsabilità, di fronte alle nostre coscienze e di fronte ai nostri popoli. Abbiamo sentito una chiamata, e dobbiamo rispondere: la chiamata a spezzare la spirale dell’odio e della violenza, a spezzarla con una sola parola: “fratello”. Ma per dire questa parola dobbiamo alzare tutti lo sguardo al Cielo, e riconoscerci figli di un solo Padre.

A Lui, nello Spirito di Gesù Cristo, io mi rivolgo, chiedendo l’intercessione della Vergine Maria, figlia della Terra Santa e Madre nostra.

Signore Dio di pace, ascolta la nostra supplica!

Abbiamo provato tante volte e per tanti anni a risolvere i nostri conflitti con le nostre forze e anche con le nostre armi; tanti momenti di ostilità e di oscurità; tanto sangue versato; tante vite spezzate; tante speranze seppellite… Ma i nostri sforzi sono stati vani. Ora, Signore, aiutaci Tu! Donaci Tu la pace, insegnaci Tu la pace, guidaci Tu verso la pace. Apri i nostri occhi e i nostri cuori e donaci il coraggio di dire: “mai più la guerra!”; “con la guerra tutto è distrutto!”. Infondi in noi il coraggio di compiere gesti concreti per costruire la pace. Signore, Dio di Abramo e dei Profeti, Dio Amore che ci hai creati e ci chiami a vivere da fratelli, donaci la forza per essere ogni giorno artigiani della pace; donaci la capacità di guardare con benevolenza tutti i fratelli che incontriamo sul nostro cammino. Rendici disponibili ad ascoltare il grido dei nostri cittadini che ci chiedono di trasformare le nostre armi in strumenti di pace, le nostre paure in fiducia e le nostre tensioni in perdono. Tieni accesa in noi la fiamma della speranza per compiere con paziente perseveranza scelte di dialogo e di riconciliazione, perché vinca finalmente la pace. E che dal cuore di ogni uomo siano bandite queste parole: divisione, odio, guerra! Signore, disarma la lingua e le mani, rinnova i cuori e le menti, perché la parola che ci fa incontrare sia sempre “fratello”, e lo stile della nostra vita diventi: shalom, pace, salam! Amen.

 

 

Con material de Religión digital, España (artículo de Jesús Bastante), AICA, Boletín del Santuario de Fatima, Radio Vaticano.

Originale: spagnolo, Traduzione: Maria Tedeschi, La Plata Argentina

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