Postato su 2010-04-22 In Schoenstattiani

Quanto trema la terra: una testimonianza personale

P. Raúl EspinaPadre Raúl Espina. Il 26 febbraio è stato un giorno normale per me. La sera ho conversato a Santiago con alcuni seminaristi della nostra comunità. Poi mi sono coricato, non senza prima contemplare ed ammirare la magnifica notte e la luna piena. Improvvisamente mi sono svegliato. La terra trema, mi sono detto.

 


E ho pensato: devo conservare la calma. Già passerà, sarà una piccola scossa di terremoto, come già ho vissuto tante volte. Ma mi ero sbagliato. Mi sono alzato, ho ricordato tutte le raccomandazioni date in caso di terremoto, mi sono messo le scarpe e qualcosa che mi coprisse, poi sono uscito rapidamente, poiché è più sicuro stare all’aperto che restare dentro la casa.

Chile después del terremotoIo mi trovavo nel secondo piano e tutto si muoveva come non l’avevo mai sperimentato. Improvvisamente si è spenta la luce, e nell’oscurità sono riuscito a raggiungere il primo piano. Nel frattempo mi sono sorpreso come barcollavo dalla destra alla sinistra, mentre scendevo la scala. Al contempo ascoltavo voci, i vetri che si rompevano e l’incredibile ed inconfondibile rumore che veniva dall’interiore della terra. In quel momento ho avuto paura. Tutto è durato due minuti e 45 secondi.

Che fragile è la vita!

Quando la terra trema, come l’abbiamo sperimentato noi cileni lo scorso 27 febbraio, si conferma quanto è fragile la nostra vita e quanto siamo in balia della natura. In quei momenti si pensa a tutta la gente, ai propri cari, si pensa a tutti coloro che chissà perdono la vita, si pensa a Dio, che permette tante catastrofi. La mia mente è corsa ai miei genitori che sono anziani e vivono soli, a mia sorella i suoi figli, a mio fratello che abita in un settimo piano, a mia nonna di 90 anni che vive in un paese sulle Ande. Non c’era nessuna possibilità di parlare per telefono. La rete telefonica è rimasta interrotta per parecchie ore. Appena alle ore 6 del mattino, ho potuto sapere che tutti stavano bene. Ma ho saputo anche quanto terribile era stato il terremoto nelle altre città. E che inoltre il tsumani aveva travolto la costa cilena.

Iglesia en Chile después del terremotoVoglio condividere una breve testimonianza di una giovane tedesca che quella notte era a Santiago. Racconta quello che ha vissuto dopo il terremoto: “È ritornata l’energia elettrica, anche l’acqua corrente, ma che non ha l’aspetto di essere potabile. Nella casa non funziona né il telefono, né la televisione, né l’Internet. Di conseguenza sono isolata È difficile cercare informazioni di come stanno gli altri ed avvisare a casa che sto bene”.

Quando il pomeriggio del 27 febbraio, ho visto le prime immagini trasmesse dalla televisione, mi sono reso conto del gran danno che aveva causato il terremoto, quanto dolore soffriva la gente, e che in pratica aveva colpito l’80% della popolazione cilena. In quel momento molti di noi non hanno potuto trattenere le lacrime.

I bambini che non ho potuto salvare

Insieme a tanti strazianti racconti dei sopravvissuti, abbiamo anche saputo quanti atti eroici avevano compiuto tante persone. Un contadino, nella regione colpita dal maremoto, era andato con il suo cavallo sulla strada a cercare di salvare gente con il laccio., e ne ha salvata parecchia. Gli hanno domandato se era contento di quanto aveva fatto ed ha risposto che si era rallegrato dei sopravvissuti, ma non poteva dimenticare gli urli di tre bambini che erano rimasti chiusi in un’automobile che si sprofondava nell’acqua, ma… lui non aveva potuto raggiungerli.

Si è potuto anche provare come lo stesso 27 di febbraio, molti giovani si sono presentati immediatamente in tutte le organizzazioni di aiuto possibile. Hanno percorso le strade offrendo soccorso: specialmente alimenti, acqua potabile, indumenti, come se fosse il gesto più naturale del mondo. Altri hanno viaggiato immediatamente alle città devastate. Purtroppo i massmedia hanno informato poco di quest’incredibile generosità di tanti giovani.

Oggi accompagniamo il Signore nella sua Via Crucis, la nostra Via Crucis. Simone di Cireneo ci fa osservare che portiamo la nostra croce, ma che al contempo dobbiamo aiutare il nostro prossimo Spesso la nostra vita è colpita da terremoti interiori ed esterni. Sembrerebbe che tutto si distrugge e crolla. Chissà sia bene che sentiamo con il dolore che la nostra vita appartiene realmente a Dio. Egli è la nostra rocca e la nostra salvezza. Confidiamo in Lui, anche quando dobbiamo caricare una croce.

Un segno di risurrezione

In Cile ricomincia la ricostruzione. I cileni guardano il futuro. Un futuro migliore. Possiamo interpretare tutto questo come un segno di risurrezione, e mettere la nostra vita sotto questo segno?

Il presidente della Conferenza Episcopale Cilena ha così riassunto, quanto si è vissuto. “Davanti a tanta superiorità della natura, abbiamo ricuperato qualcosa che vive nel cuore di tutti gli uomini: mettersi a disposizione degli altri. Questo ci guida all’essenziale, che non consiste in accumulare beni eccessivamente, bensì nell’amore, nella dedicazione nel servizio magnanimo ai più deboli”.

Padre Raul Espina, membro della direzione generale dei Padri di Schoenstatt in Cile, ha dato questa testimonianza durante la Via Crucis del Venerdì Santo 2010.

Traduzione: Maria Tedeschi, La Plata, Argentina

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