Postato su 2011-09-19 In Riflessioni e opinioni

Remando verso le nuove sponde

P. Javier Arteaga. Lo scorso 15 settembre si sono compiuti 43 anni dalla morte di P. Kentenich. Chi ha visitato la sua tomba a Schoenstatt ricorda sempre l’ambiente di preghiera, l’austerità del luogo e la frase, che sintetizza la sua vita sulla pietra del sepolcro: Dilexit Ecclesiam (Amò la Chiesa)

 

 

 

P. Kentenich, come sacerdote di Cristo, ha amato la Chiesa in ogni momento della sua vita, seguendo quanto insegna San Paolo: “Cristo amò la Chiesa e diede se stesso per lei” (Ef.5,25-26). Un amore vissuto con fede e fedeltà, servizio, lavoro e sacrificio, dialogo e dissenso, alla ricerca della verità, con perdono e riconciliazione, dolore e gioia, con la dedicazione quotidiana ad un “tu” reale e concreto che è la Chiesa, e non ad un’idea senza fondamento, “”Dilexit Ecclesiam, l’amore per la Chiesa ci spinge anche ora ad amare con infinito calore questa Chiesa che ci ha perseguitato, a dimenticare tutto il passato e a dare noi stessi con tutte le forze, affinché la Famiglia realizzi la missione di aiutare la Chiesa, a raggiungere vittoriosamente le nuove sponde”. (Conferenza, 24 dicembre 1965)

Lentamente, come frutto delle esperienze nella Famiglia di Schoenstatt, in due guerre mondiali e di un mondo in mezzo a grandi cambiamenti e un costante sviluppo, è cresciuto in P. Kentenich un’immagine della Chiesa con tracce ben definite, che coincideranno con la definizione, che la Chiesa fa di se stessa nel Concilio Vaticano II. Lui dirà alla fine della Sua vita: “Dal 1912 o almeno dal 1914, non abbiamo voluto altro, al principio intuendolo con una certa oscurità e con il tempo sempre più con maggior chiarezza, che quello che il Concilio (Vaticano II) ha riconosciuto come missione della Chiesa” (Conferenza a Münster, dicembre 1965).

La visione della Chiesa delle nuove sponde

P. Kentenich ha aderito alla visione della Chiesa fatta dal Concilio nella Costituzione dogmatica (Lumen Gentium) e nella Costituzione Pastorale “Gaudium et Spes”. In quello spirito conciliare lui ha scritto 5 caratteristiche della Chiesa – come lui la chiamava – delle “nuove sponde”:

  1. Una Chiesa colma dello Spirito Santo

“In primo piano deve esserci l’attitudine di esporsi senza riserve all’azione dello Spirito Santo. Ciò che è fondamentale, è che la Chiesa viva nella luce divina, nella fiducia divina, nella sicurezza divina”. (10/2/1968)

2. Una Chiesa familiare

“È una Chiesa strettamente unita in una fraternità straordinariamente profonda, ma al contempo è gerarchica, diretta e condotta paternamente”. (Roma 8/12/1965)

3. Una Chiesa pellegrina

“È una Chiesa che da un lato è profondamente ed intimamente radicata nella tradizione e dall’altro è straordinariamente libera, staccata da forme obsolete…Per noi ha una speciale importanza, che il Concilio usi con preferenza l’espressione: ‘La Chiesa sperimenta se stessa come Chiesa Pellegrina. Non come una Chiesa già terminata, chiusa in se stessa, bensì come una Chiesa pellegrina’” (Roma 8/12/1965; cfr. LG, 48)

4. Una Chiesa con caratteristiche di Maria

“La Madonna è immagine, figura della Chiesa, perché sia l’una che l’altra sono madri, intimamente unite alla funzione che svolgono e alla loro fecondità (…) La Madonna è modello della Chiesa, così come lo ha insegnato Sant’Agostino letteralmente e spesso, facendo notare che la Madonna è il membro più perfetto della Chiesa”. (27/12/1964)

5. Una Chiesa povera e umile

“La Chiesa deve essere sempre più una Chiesa povera, una Chiesa che ami la povertà per se stessa, che si stacchi da qualsiasi pompa, che sia anche amica dei poveri e non cerchi l’aiuto e l’approvazione dello Stato”. (10/2/1968; cfr. LG. n.° 42-43). “Una Chiesa umile e peccatrice. Ossia una Chiesa che ammette di essere capace di peccare, una Chiesa che sia anche libera e sincera, che chieda scusa e perdono per tutti i peccati che ha commesso lungo i secoli”. (17/2/1968)

6. Una Chiesa ispiratrice del mondo

“È una Chiesa che ha per missione essere l’anima della cultura e del mondo attuale e futuro” (8/12/1965) “non fuggire dal mondo, ma nemmeno alla ricerca disordinata del mondo….La Chiesa deve penetrare tutto il mondo, deve essere l’anima del mondo”. (10/2/1968; cfr. GS. n° 36)

Figli ed eredi del Padre

Mi ha rallegrato molto in questi giorni leggere il ritratto che ha fatto il Cardinale Bergoglio di Mons Zazpe chiamandolo “vescovo profeta”. Lui, come padre e pastore anche ha amato la Chiesa dedicando la sua vita alla Chiesa. Il Cardinale afferma: “Si è afferrato al Vangelo, alle beatitudini. Come ha detto qualcuno di lui: quando molti paurosi, che cercavano temporeggiare tacevano, lui ha parlato. E quando quegli stessi, passato il pericolo, hanno avuto il coraggio di parlare, lui taceva. Profeta! Mai ha parlato di politica; mai della congiuntura sociale, bensì del Vangelo, illuminando la situazione sociale”. (La Nación, (12/09/2011)

Carissimi fratelli, siamo figli ed eredi di P. Kentenich. Non conserviamo la sua eredità con timore e meschinamente, non ripetiamo le sue parole come pappagalli, non “congeliamo” il dinamismo profetico del suo carisma. Anzi facciamo che si moltiplichi e dia molti frutti, traduciamolo ed applichiamolo creativamente alle sfide concrete che ci tocca vivere; crediamo nella forza dell’Alleanza e arrischiamoci come lui, remando verso le nuove sponde.

Tutto per Schoenstatt, Schoenstatt per la Chiesa,
la Chiesa per il mondo e il mondo per la Santissima Trinità”

 

Traduzione: Maria Tedeschi, La Plata, Argentina

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