Postato su 2014-08-22 In Francesco - Iniziative e gesti

Il Papa ricorda il suo viaggio in Corea: “Cristo non annulla le culture”

ROMA, José M. Vidal – RD/mda. Udienza del mercoledì nella sala Paolo VI. Un’udienza di lutto per la tragedia che ha colpito recentemente la famiglia di Papa Francesco, con la morte di sua nipote, e dei suoi due figli piccoli. Si nota emozione nell’ambiente. Il Papa parla dell’accaduto e ringrazia le condoglianze. Poi si riferisce al suo ultimo viaggio in Corea ed assicura che “Cristo non annulla le culture”.

Si nota che il Papa è triste, nonostante lui voglia dare la sensazione che tutto sia normale: la sua famiglia è il mondo. E la gente lo percepisce e lo accompagna nel suo dolore, mentre gli speakers gli fanno le condoglianze nelle diverse lingue. Si

vive un’alleanza solidale con Francesco tanto semplice e tanto normale. Lui è padre, e la famiglia soffre con il padre ed è contenta con il padre. Vi ringrazio per le condoglianze e per la preghiera: con questa parole Papa Francesco si è rivolto ai fedeli che hanno assistito questa mattina nell’udienza generale nell’aula Paolo VI° per ringraziarli per essergli vicini e pregare per lui in questo momento tanto difficile che attraversa la sua famiglia, a causa della perdita di tre dei suoi componenti in un tragico incidente di transito accaduto ieri in Argentina: Valeria Carmona, moglie di Emmanuel Bergoglio, José Bergoglio di 2 anni e Antonio Bergoglio di 8 mesi: Ringrazio anche voi per le condoglianze per quanto è accaduto alla mia famiglia. Anche il Papa ha una famiglia e noi eravamo 5 fratelli, ho 16 nipoti e uno di questi nipoti ha avuto un incidente di transito ed è morta sua moglie e i due figli piccoli uno di due anni e l’altro di pochi mesi. E mio nipote è grave. Ma vi ringrazio tanto tanto, per le condoglianze e per la preghiera””.

“È parte della mia identità culturale”

In un clima molto diverso a quello che suole avere nelle udienze generali, meno entusiasta e più raccolto per il lutto che ha colpito la famiglia del Papa, così come si era annunciato, i dirigenti hanno consegnato al tifoso più famoso del suo club la Coppa “Libertadores”, vinta per la prima volta nella propria storia il mercoledì scorso. Il Papa, giunto sul palco, ha salutato ad ognuno dei direttivi della sua squadra preferita, vestiti con un perfetto abito scuro. Al fianco della sua sedia, sopra un tavolino di legno si vedevano due trofei argentati immensi: La Coppa “Libertadores” e la sua replica, che resterà in Vaticano. Poi ha salutato in spagnolo i pellegrini di lingua spagnola, soprattutto i rappresentanti della squadra: “In modo speciale saluto i campioni di America la squadra di San Lorenzo, qui presente, che fa parte della mia identità culturale”, ha detto, suscitando un fragoroso applauso degli argentini.

Un Papa che piange, che ha una famiglia, un Papa che visita i suoi amici, che gioca, che sorprende, che improvvisa, che dialoga, che telefona, infine che agisce umanamente: Francesco arriva al cuore degli esseri umani, perché è semplicemente lui stesso. Non agisce come Papa, lo è.

Il suo viaggio in Corea

Il Santo Padre ha condiviso, nelle sue parole, la gratitudine e la sua riflessione dopo il suo viaggio in Corea. Francesco si è dilungato intorno all’intensa attività svolta in Corea, con la beatificazione dei 14 martiri, la Giornata della Gioventù Asiatica e la Messa per la pace e la riconciliazione nella penisola divisa.

Testo completo dell’omelia del Papa

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Nei giorni scorsi ho compiuto un viaggio apostolico in Corea e oggi, insieme con voi, ringrazio il Signore per questo grande dono. Ho potuto visitare una Chiesa giovane e dinamica, fondata sulla testimonianza dei martiri e animata da spirito missionario, in un Paese dove si incontrano antiche culture asiatiche e la perenne novità del Vangelo: si incontrano entrambe.

Desidero nuovamente esprimere la mia gratitudine ai cari fratelli Vescovi della Corea, alla Signora Presidente della Repubblica, alle altre Autorità e a tutti coloro che hanno collaborato per questa mia visita.

Il significato di questo viaggio apostolico si può condensare in tre parole: memoria, speranza, testimonianza.

La Repubblica di Corea è un Paese che ha avuto un notevole e rapido sviluppo economico. I suoi abitanti sono grandi lavoratori, disciplinati, ordinati e devono mantenere la forza ereditata dai loro antenati.

In questa situazione, la Chiesa è custode della memoria e della speranza: è una famiglia spirituale in cui gli adulti trasmettono ai giovani la fiaccola della fede ricevuta dagli anziani; la memoria dei testimoni del passato diventa nuova testimonianza nel presente e speranza di futuro. In questa prospettiva si possono leggere i due eventi principali di questo viaggio: la beatificazione di 124 Martiri coreani, che si aggiungono a quelli già canonizzati 30 anni fa da san Giovanni Paolo II; e l’incontro con i giovani, in occasione della Sesta Giornata Asiatica della Gioventù.

Il giovane è sempre una persona alla ricerca di qualcosa per cui valga la pena vivere, e il Martire dà testimonianza di qualcosa, anzi, di Qualcuno per cui vale la pena dare la vita. Questa realtà è l’Amore di Dio, che ha preso carne in Gesù, il Testimone del Padre. Nei due momenti del viaggio dedicati ai giovani lo Spirito del Signore Risorto ci ha riempito di gioia e di speranza, che i giovani porteranno nei loro diversi Paesi e che faranno tanto bene!

La Chiesa in Corea custodisce anche la memoria del ruolo primario che ebbero i laici sia agli albori della fede, sia nell’opera di evangelizzazione. In quella terra, infatti, la comunità cristiana non è stata fondata da missionari, ma da un gruppo di giovani coreani della seconda metà del 1700, i quali furono affascinati da alcuni testi cristiani, li studiarono a fondo e li scelsero come regola di vita. Uno di loro fu inviato a Pechino per ricevere il Battesimo e poi questo laico battezzò a sua volta i compagni. Da quel primo nucleo si sviluppò una grande comunità, che fin dall’inizio e per circa un secolo subì violente persecuzioni, con migliaia di martiri. Dunque, la Chiesa in Corea è fondata sulla fede, sull’impegno missionario e sul martirio dei fedeli laici.

I primi cristiani coreani si proposero come modello la comunità apostolica di Gerusalemme, praticando l’amore fraternoche supera ogni differenza sociale. Perciò ho incoraggiato i cristiani di oggi ad essere generosi nella condivisione con i più poveri e gli esclusi, secondo il Vangelo di Matteo al capitolo 25: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (v. 40).

Cari fratelli, nella storia della fede in Corea si vede come Cristo non annulla le culture, non sopprime il cammino dei popoli che attraverso i secoli e i millenni cercano la verità e praticano l’amore per Dio e il prossimo. Cristo non abolisce ciò che è buono, ma lo porta avanti, lo porta a compimento.

Ciò che invece Cristo combatte e sconfigge è il maligno, che semina zizzania tra uomo e uomo, tra popolo e popolo; che genera esclusione a causa dell’idolatria del denaro; che semina il veleno del nulla nei cuori dei giovani. Questo sì, Gesù Cristo lo ha combattuto e lo ha vinto con il suo Sacrificio d’amore. E se rimaniamo in Lui, nel suo amore, anche noi, come i Martiri, possiamo vivere e testimoniare la sua vittoria. Con questa fede abbiamo pregato, e anche ora preghiamo affinché tutti i figli della terra coreana, che patiscono le conseguenze di guerre e divisioni, possano compiere un cammino di fraternità e di riconciliazione.

Questo viaggio è stato illuminato dalla festa di Maria Assunta in Cielo. Dall’alto, dove regna con Cristo, la Madre della Chiesa accompagna il cammino del popolo di Dio, sostiene i passi più faticosi, conforta quanti sono nella prova e tiene aperto l’orizzonte della speranza. Per la sua materna intercessione, il Signore benedica sempre il popolo coreano, gli doni pace e prosperità; e benedica la Chiesa che vive in quella terra, perché sia sempre feconda e piena della gioia del Vangelo.

 


Video

Evangelii Gaudium

Originale: spagnolo. Traduzione: Maria Tedeschi, La Plata, Argentina.

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