Postato su 2013-02-11 In Riflessioni e opinioni

Il “vivere organico”, una nostra utopia?

José María Sanguinetti. Come potere definire uno stile di vita nuovo, che dia risposta alla crisi che l’uomo attraversa nel nostro tempo? La “dottrina dell’organismo” è stata una vera crociata per P. Kentenich, una risposta integrale alla crisi che affrontava l’uomo all’inizio del secolo XX, ma come lo stesso P. Kentenich faceva notare, avrebbe colpito l’umanità per molto tempo. È così che il “vivere organico” (che comprende il pensare e l’amare) continua essendo una risposta concreta e ogni giorno più valida per noi.

 

Siamo quello che teniamo

Viviamo immersi in un disordine tra le differenti dimensioni relazionali: mettiamo il peso dei vincoli interpersonali, “reifichiamo” le persone, le “analizziamo”, personalizziamo gli “animali” e non ascoltiamo qualsiasi proposta di trascendenza dell’aldilà, di divinità. La nostra cultura potrebbe riassumersi in “siamo quello che teniamo” o “siamo quello che consumiamo” ed è così, che grazie all’influenza del capitalismo e le teorie economiche, il benessere si misura in parametri di “consumo”, di “accesso a beni” e di capitale economico.

Da varie decadi gli economisti hanno notato che la relazione tra entrate e accesso a beni e a servizi non è lineare con il benessere o la felicità. I paesi con maggiore possibilità economiche non sono indubbiamente quelli con maggiore percezione di felicità o di realizzazione personale dei loro abitanti. Sembrerebbe che abbiano “qualcosa” che manca, che scappa, che non entra nella formula.

Quali altri indicatori possono riempire questo vuoto, che non riesce a misurare i parametri economici più “duri”: il tasso di natalità? Il numero di matrimoni celebrati? Quello di divorzi? La media delle ore lavorate? La distanza tra la casa e il lavoro? Il consumo di beni per la sicurezza: assicurazioni, polizia privata, allarmi ecc? La quantità di tempo dedicata allo sport?

È tanto grande l’influenza delle teorie economiche più dure, che un paese con un tasso di natalità alto è considerato “sottosviluppato” (almeno è stato così per molto tempo) e le politiche di aiuto economico al Terzo Mondo comprendono il controllo della natalità in cambio dell’aiuto. Ci sono molte società sviluppate, che hanno popolazioni invecchiate con un tasso di natalità molto basso e che stanno patendo le conseguenze nei loro sistemi previsionali e nel mercato del lavoro.

Se “essere è tenere “, solo si è, in quanto più ricorsi si generino per potere avere di più senza che importi il tempo, di cui hanno bisogno per ottenerlo, né il deterioramento dei vincoli, e della salute (fisica e mentale) e della qualità di vita.

Che corrente di vita mobilitano oggi le persone?

L’enorme confusione attuale non è la semplice conseguenza della sfida che si creava tra capitalismo e comunismo. C’è una “mentalità”, una “visione dell’uomo e della società”, che ha trionfato e che trascende le teorie economiche e le ideologie, tutto si misura in parametri di efficienza, di utilità e di immediatezza. Una lettura rapida ci farebbe credere, che il trionfo del capitalismo è stato schiacciante, ma osservando le cose dettagliatamente possiamo scoprire numerosi elementi propri del marxismo (e incluso alcune tracce del fascismo) in molti regimi democratici e in molti paesi “capitalisti”. Che correnti di vita mobilitano oggi le persone? Un materialismo che non è trascendente (consumo e edonismo) e un ateismo con espressioni disuguali (panteistiche e ricercatrici dell’”energia”).

La felicità ha un “prezzo”?

Per dove cominciare? Dobbiamo diminuire le nostre aspettative? Le nostre ambizioni materiali? Né Sì, né No.: è necessario ordinare di nuovo il nostro “organismo di relazioni”, non introdurre aspettative, che corrispondano ad un ambito in un altro, non compensare i fallimenti nelle relazioni personali con l’acquisto di beni materiali o la “cosificazione” delle persone; non credere che una mascotte sia “un figlio”, non acquisire tecnologia esageratamente, solamente perché “essere è tenere”. Non si tratta di ridurre le aspettative, ma di scegliere quelle che mi permetteranno sviluppare (nella maniera più armonica possibile) tutti i livelli di vincoli necessari per essere felice: Quanto tempo posso rinunciare a passarlo con i miei figli, per guadagnare denaro? Di quante ore di sonno ho bisogno? Quanto tempo debbo rimanere in casa, affinché il mio rapporto coniugale abbia il dialogo sufficiente e io possa approfittare di conversare tranquillo con mia moglie? La felicità ha un “prezzo”?

Non vogliamo andare all’altro estremo di negarci al progresso materiale, di cui ogni persona ha bisogno per il suo normale sviluppo, ma nemmeno vogliamo accecarci con le luci del materialismo dominante, che basato sul relativismo morale, solamente cerca l’utilità nelle relazioni generando un profondo vuoto, che è riempito da “compensazioni” (consumo, alcool, droghe ecc.)

L’inquietudine per una vita più piena

Lungo la storia dell’umanità sempre è esistita l’inquietudine per una vita più piena, più equilibrata, che permetta raggiungere la felicità. Molte personalità si sono opposte, dimostrando un’altra forma di vivere, alle correnti del loro tempo come ad esempio San Francesco d’Assisi o Gandhi.

Numerose risposte sono sorte durante il secolo XX e in questi inizi del XXI per potere generare una controcorrente vitale. Al ritmo sfrenato delle grandi città si oppone la “cultura slow”, che da alcune decade alcuni propongono. All’eccesso di consumo di alimenti, i “freegans” che si alimentano di alimenti scartati.

Ci sono molte manifestazioni globali che parlano della necessità di realizzazione delle persone oltre il consumo: I movimenti ambientalisti (che cominciando dall’ecologia animale e forestale sono passati ad avere origine da un’ecologia “sociale”) hanno incorporato alle culture imprenditoriale concetti come quelli dell’”impatto ecologico” ed anche quello della “Responsabilità Sociale”. Un altro fenomeno ogni volta più grande è quello del volontariato in ONGs di qualsiasi tipo. In queste controcorrenti si nota una necessità di “tenere meno per essere” o “dare per essere”, ma non solo nel senso di donare beni materiali, bensì anche “darci” (donare parte del nostro tempo, del nostro lavoro) per potere essere felici.

Una società nuova

Queste iniziative sono molto buone, ma evidentemente non sono sufficienti per ottenere una “società nuova”. Dobbiamo tentare d’avanzare oltre, superare lo spirito “filantropico” e portarlo ad una sfera, dove la solidarietà sia sostituita dalla fraternità. Potrebbe essere questa la risposta? Alcuni credono che sì e lo provano, ma partendo (necessariamente) dalla ricerca di un “uomo nuovo” con una nuova etica, basata sulla fraternità, sulla responsabilità, sulla libertà e sullo spirito familiare delle organizzazioni. Sebbene si possano leggere tra queste righe alcuni postulati della Rivoluzione Francese molto lontani dai concetti di fratellanza e di liberta cristiane dalle bandiere issate nel Secolo XVIII, perché?. Lo spirito familiare (altri usano l’immagine trinitaria per spiegarlo) dà una caratteristica di referenza, di autorità, che ordina ed orienta gli sforzi. Da quella prospettiva si intende la libertà e la fraternità.

Possiamo affermare che non sarà possibile una “società nuova”, senza la formazione di “nuovi Uomini” e il che al contempo, non potrà realizzarsi senza l’indispensabile partecipazione di “famiglie nuove”. L’utopia presente nella storia di Occidente (da Platone a Marx passando per Santo Tommaso Moro), ha sempre voluto dimostrare la necessità di un nuovo tipo di personalità (l’iconografico Che Guevara parlava di un Uomo Nuovo, e il nazionalsocialismo anche), ma non sempre la formazione di queste personalità si è basata sulla famiglia come nucleo imprescindibile per il cambiamento. Dobbiamo aggiungere, che per molti la formazione di quell’uomo nuovo doveva e dovrebbe essere fuori dalla famiglia; in molti casi lo Stato dovrebbe assumere questo ruolo.

Il secolo XX con le sue guerre, le sue crisi economiche e il suo sviluppo economico ha portato il mondo (contrariamente a quello che molti pensavano) a profonde disuguaglianze, ad abissi in tante società, alla morte per denutrizione e all’epidemia dell’obesità, all’inanizione e alla noia degli uomini, (che in molti casi possiamo osservare in uno stesso paese). Anche questo secolo ha dato risposte, a controcorrenti vitali, che cercano per l’uomo un nuovo senso (sempre nuovo e sempre antico) alla luce dei valori cristiani.

All’ombra delle Guerre Mondiali

All’ombra della Seconda Guerra Mondiale è sorta la luce che ha acceso Chiara Lubich e così oggi i Focolari cercano, incarnano un modello di fraternità ed unità con aspetti molto definiti (come lo sviluppo dell’Economia della Comunione). Cento anni fa, quando la minaccia della prima Guerra Mondiale appariva sull’Europa, Giuseppe Kentenich proponeva il suo “Programma” ad un gruppo di seminaristi per poi fondare Schoenstatt entusiasmato per fondare “Uomini Nuovi” e una “Comunità Nuova”, irradiando con forze il mondo della pedagogia e formando molte comunità religiose proponendo una “Cultura d’Alleanza”

Queste iniziative (insieme ad altre in diversi campi, differiscono da quelle proposte, che rimangono alla superficie, che si limitano a dare risposte, che non arrivano alla radice del problema, che non esigono un cambiamento di mentalità, un “uomo nuovo” per potere ottenere un Nuovo Ordine Sociale. Quasi cento anni dopo i figli di quei fondatori hanno la sfida di proporre un nuovo stile di “vita organica”, che riordinando il mondo delle relazioni permetta orientare la vita all’”essere” e non al “tenere”, al “dare” e non al “possedere”. Uno stile di vita più austero, più semplice, più libero e al contempo più responsabile del prossimo sapendo, che i nostri destini sono fraternamente inseparabili.

Un nuovo stile di vita – Cultura d’Alleanza

Le utopie, come ho detto anteriormente, hanno sempre accompagnato la storia dell’umanità. La maggioranza delle persone opinerebbe che l’ultima grande utopia dell’uomo è scomparsa con la caduta del Muro già da venti anni, d’allora sembrerebbe che l’umanità si è conformata con ottenere un certo “benessere” e una certa “comodità” senza pensare in cambiamenti più profondi. Ciononostante c’è un’utopia sempre presente, visibile e valida, che ha proclamato Cristo più di due mila anni fa. Quest’”utopia” finalmente ha un luogo di realizzazione, c’è un Regno che giungerà e che trasformerà in quell’ideale, mentre tanto esistano diversi “portatori” di quell’utopia che hanno ottenuto, affinché anche quel Regno “venga a noi” mostrando bagliori da quel Cielo.

È tempo di proclamare con maggiore vigore il nostro stile di vita, quella “vita organica”, in cui riconosciamo che una “nuova società” avrà bisogno di famiglie rinnovate, che siano scuola di “nuovi uomini”, di veri ambiti dove vivere l’ideale proposto (sempre antico e sempre nuovo) da Cristo due mila anni fa.

Solo sappiamo che dobbiamo essere sentinelle sulle torri del tempo
Padre Giuseppe Kentenich


Traduzione: Maria Tedeschi, La Plata, Argentina

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