Postato su 2013-01-10 In Riflessioni e opinioni

“All’ombra del Santuario” – Riflessione sulle parole di P. Kentenich

Sarah-Leah Pimentel. Alcuni anni fa ho letto una conferenza tenuta da P. Kentenich ad un gruppo di alunni del Seminario Minore nel 1929, quando si sono consacrati (“All’Ombra del Santuario”, Kentenich Reader). Oggi al ricordarla, rifletto sulla grande importanza, che questa conferenza ha quest’anno, in cui ci prepariamo per il Giubileo del 2014, mentre continuiamo lavorando sui nostri progetti apostolici e missionari.

 

La conferenza di P. Kentenich ci ricorda, quanto ci resta ancora da fare prima di potere stare “all’ombra del Santuario” e rinnovare l’Alleanza d’Amore per la prossima generazione.

La parola ”missione” si è convertita quest’anno nella parola chiave di Schoenstatt. Condividiamo le nostre attività missionarie ed apostoliche nelle tende virtuali della Cultura d’Alleanza.Questi progetti costituiscono una forma meravigliosa di condividere la dimensione missionaria del nostro Movimento non solo mutuamente, bensì anche con la Chiesa e con il mondo, affinché possano dare molto frutto. Ma come sempre succede con tutti i preparativi di questo tipo di progetti, sorge il pericolo che per essere tanto impegnati nel fare, ci dimentichiamo il perché lo facciamo.

Rinnovare il mondo

In tutta quest’attività, qual è la nostra Missione di Schoenstatt? P. Kentenich ci dice in questa conferenza agli studenti che la nostra missione è “rinnovare il mondo”. Indubbiamente in tutti i progetti che ho letto in www.schoenstatt.org. il nostro desiderio è quello di presentare questi progetti alla Chiesa come una forma di rinnovamento per il mondo. Ma realizziamo tutto il lavoro spirituale per assicurarci i suoi frutti? O è che le preoccupazioni per gli aspetti esterni del nostro lavoro missionario, l’organizzazione, le riunioni, le strutture, alcune volte diminuiscono il fervore con cui compiamo questi progetti?

Non interpretateci male. Non dico che queste cose non sono necessarie. Lo sono e ci danno l’opportunità di pregare insieme per il nostro lavoro missionario in Schoenstatt, ci aiutano a trovare la direzione verso la quale la Mater vorrebbe che andassimo, a condividere tra tutti i frutti del nostro lavoro. Ma anche potrebbe accadere che nell’organizzazione le nostre debolezze umane possano intromettersi nel cammino verso il vero lavoro, cui siano stati chiamati a fare. Ed è importante, che ricordiamo le parole del Fondatore.

Conquistare quanto abbiamo ereditato

P. Kentenich ci insiste ad essere convinti della nostra missione di rinnovare il mondo impossessandoci dei tanti doni che abbiamo ricevuto: “Ciò che avete ereditato dai vostri padri, conquistatelo per possederlo” (P.K.) Non è sufficiente seguire la corrente offrendo il nostro tempo e le nostre attitudini in questo o in quel progetto. Abbiamo bisogno di conquistare la nostra eredità. Che cosa significa? Significa che dobbiamo avere lo stesso fervore e la stessa fedeltà che le prime congregazioni, se veramente vogliamo avvicinare a Schoenstatt la nuova generazione e condividere il nostro maggior tesoro, la nostra Alleanza d’Amore con la Santissima Madre, con la Chiesa e con il mondo.

P. Kentenich ci dice come possiamo farlo
– Una definitiva conferma della nostra “missione personale” e
– Una dedicazione totale a quella missione”

 

Siamo il Movimento

All’elaborare il primo punto, P. Kentenich ci ricorda che la nostra missione personale consiste nel fare l’opera del Movimento. Ripete che “siamo il Movimento” e che il Movimento “dipende da noi”.

Fino a che punto credo decisamente che come membro consacrato dj Schoenstatt, io sono il Movimento? La gente molte volte mi ha ascoltato dire, che non appartengo a Schoenstatt, bensì che sono di Schoenstatt. Non si tratta di essere presuntuoso, né trattare di collocarmi in una posizione di potere, né anche suggerire che sono più importante del Movimento. No. Significa che m’impossesso di qualcosa che fa parte di quello che sono. È un mio modo di spiegare il mio sentire: non so quale proposito avrebbe la mia vita se Schoenstatt non avesse un ruolo essenziale in tutto quello che faccio.

Questo è quello che P. Kentenich vuole esprimere, quando afferma che abbiamo bisogno di conquistare, quanto abbiamo ereditato dai nostri anziani. Ma anche ci avverte: vivere la nostra consacrazione richiede una “toccante umiltà”. Se il mio servizio a Schoenstatt ha un motivo secondario, come ad esempio il desiderio di potere, non offro nessun servizio a Schoenstatt e ho dimenticato quello che ho detto il giorno della mia consacrazione, quando ho promesso di trasformarmi in uno strumento nelle mani di nostra Signora.

Dedicazione totale di se stesso

Qual è l’antidoto contro questi impulsi che fanno parte della nostra debole natura umana? La dedicazione di se stessi. Il nostro Fondatore spiega che se adottiamo l’atteggiamento corretto,  allora, “non desideriamo allontanarci mai più”. Questa dedicazione ha tre aspetti. Il primo: “rinunciamo alla mancanza di entusiasmo e promettiamo il maggiore radicalismo”. Il che significa che vogliamo “terminare con la mediocrità” ed “aspirare alle stelle”. Se non ci dedichiamo completamente alla nostra missione per rinnovare il mondo, perdiamo qualcosa del nostro entusiasmo e ci lasciamo guidare da altri programmi. P Kentenich è su questo punto di una severità inusitata all’affermare che “chi non possa raggiungere queste cime, che è soddisfatto con un banale: Ci basta con questo, non può far parte della nostra famiglia”.

Che cosa vuole dire con questo? Afferma, che se ciascuna delle nostre parole e ciascuna delle nostre azioni non sia una dimostrazione di amore per la nostra Santissima Madre, che ci ha affidato questa importantissima missione, il nostro amore non sarà completo. Se non possiamo amare Nostra Madre, allora ci auto-escludiamo dalla sua Famiglia.

Rinunciare ad ogni amore disordinato

P. Kentenich, sapendo che siamo umani e fallibili e che i nostri cuori spesso diventano “stanchi e freddi” (“Verso il Cielo”), fa notare la seconda dimensione della nostra consacrazione: “Rinuncio a qualsiasi attaccamento disordinato alle creature e a me stesso, e prometto una dedicazione del cuore e fedele all’Amata del mio cuore”. Tanto spesso ascoltiamo le lamentele dei cattolici riferenti a che molte attività parrocchiali degenerano in politica, perché alcuni desiderano il potere e il controllo. Questi sono gli impulsi disordinati ai quali accenna P. Kentenich. Quando le nostre attività apostoliche si convertono in una lotta per il potere o quando gli shock di personalità mettono in pericolo la fecondità di un lavoro realmente ben fatto, allora cediamo davanti alla nostra natura umana peccaminosa, e ci chiudiamo in noi stessi di fronte alla possibilità che la Madre faccia un miracolo di grazia nel nostro cuore. E la nostra energia e il nostro fervore sono indirizzati verso cose che non producono i frutti, che abbiamo sperato.

Una volta di più P. Kentenich è molto duro nel linguaggio che usa per descrivere, quanto succede, quando permettiamo che la nostra natura fallibile prenda il controllo: “quello di noi che nel futuro ceda agli impulsi e passioni disordinati del suo cuore, mancherà alla sua consacrazione”.

La gente deve potere vedere che appartengo alla Santissima Madre

Chissà quest’anno della Corrente Missionaria, che coincide con l’Anno della Fede della Chiesa, siamo chiamati a dimostrare chi veramente è dedicato al lavoro nelle nostre attività apostoliche. P. Kentenich ci ricorda che “la gente deve potere vedere che appartengo alla Madonna, che sono a sua immagine e somiglianza”. Il che pare essere un obiettivo molto alto da raggiungere, ma non dovrebbe scoraggiarci. Al massimo dovrebbe convertirsi nell’obiettivo che ci sforziamo di raggiungere.

Incontrare il mio focolare nel Santuario

Come farlo? Come impediamo, che ci si distragga dalla nostra meta, dalla nostra missione di essere Schoenstatt? Restando fermamente radicati al Santuario. P. Kentenich ha insistito con i giovani a rinunciare “a qualsiasi impulso giovanile itinerante” e ad incontrare “il mio focolare nel Santuario”. Se i nostri cuori restano nel Santuario non possiamo perdere il nostro cammino. Qui è dove ricordiamo le grazie del Santuario. Il Santuario è il nostro focolare, il nostro rifugio nel mondo. Nell’amore della MTA, c’incontriamo trasformati nell’amore, in cui il più profondo desiderio del nostro cuore è servirla. In questo desiderio non c’è spazio per servire altri programmi, né c’è desiderio di potere. Questa trasformazione ci permette di riconoscere, ancora una volta di più la nostra vera missione e farci coraggio per rivolgerci al mondo e rinnovarlo mediante la nostra missione apostolica.

All’ombra del Santuario..

Con altre parole: il nostro vincolo con il Santuario, con la Santissima Madre e con la nostra consacrazione ci colma tanto che la nostra unica risposta non può essere un’altra, che condividere con gli altri quello che abbiamo sperimentato. Se questo è veramente il nostro sincero desiderio, il proposito della nostra esistenza, allora con fiducia possiamo farci eco delle parole del Fondatore: “All’ombra di questo Santuario si deciderà il destino della Chiesa nei prossimi secoli”.

Che meraviglioso sarebbe se da ora a 100 anni, quando quelle future generazioni per le quali stiamo lavorando rivolgano il loro sguardo indietro e comprendano che la nostra missione è stata un successo e ha dato un gran frutto!!!

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