Postato su 2014-03-27 In Francesco - messaggio

La parola di Dio è viva nei cuori dei semplici, degli umili, del popolo di Dio

org. Tutte le classi della Chiesa, e molte altre al di fuori, credenti o no, hanno ricevuto le sue parole chiare e piene di speranza, al contempo colme di motivazione, per assumere la responsabilità che tutti abbiamo di costruire un mondo secondo il volere di Dio, nella forza dello Spirito e per il sentiero di Cristo. I Cardinali e i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i novizi e i seminaristi, le famiglie, i giovani e gli anziani, le comunità e le istituzioni hanno ricevuto questa proposta di uscire “per la strada”, a portare non una speranza utopica, bensì fatti concreti, progetti evangelizzatori di vita all’uomo, ovunque si trovi, e se è nella “periferia”, lì stesso, con tutti i rischi e i pericoli che porta. Preferisco una Chiesa accidentata, perché esce a servire, che è ammalata per essere chiusa in sé stessa, ci ripete costantemente. Tutto ciò si trova in Schoenstatt.org, dove si custodiscono di settimana in settimana i testi che ci incitano ad andare in pellegrinaggio verso il Giubileo 2014. Indubbiamente essendo noi Chiesa, queste parole sono rivolte a noi. Come sarebbe contento il Padre con questo impulso missionario, che ci è regalato dal cuore stesso della Chiesa (P. José Maria Garcia)

SETTIMANA 13/2014

Gesù sempre è accanto a noi peccatori. Egli vuole spargere su di noi, senza misura, tutta la sua misericordia.

Tweet 24.3.2014

Il dramma dell’osservanza dei comandamenti senza fede: io mi salvo da solo perché vado alla sinagoga tutti i sabati, cerco di obbedire i comandamenti; e che non venga questo a dirmi che sono meglio di me quel lebbroso e quella vedova, quegli emarginati! Guarda se tu non ti senti ai margini, non avrai salvezza! Questa è l’umiltà, la strada della umiltà: sentirsi tanto emarginato da avere bisogno della salvezza del Signore. E solo lui salva; non la nostra osservanza dei precetti. Si sono arrabbiati e volevano ucciderlo.

Santa Marta, 24.3.2014

Maria, nel suo cantico non dice di essere contenta perché Dio ha guardato la sua verginità, la sua bontà, la sua dolcezza, le tante virtù che lei aveva, perché il Signore ha guardato l’umiltà della sua serva, la sua piccolezza. È proprio l’umiltà che guarda il Signore. Dobbiamo imparare questa saggezza di emarginarci perché il Signore ci trovi. Non ci troverà al centro delle nostre sicurezze. No, lì non va il Signore! Ci troverà nell’emarginazione, nei nostri peccati, nei nostri sbagli, nelle nostre necessità di essere guariti spiritualmente, di essere salvati. È lì che ci troverà il Signore. E questa, è la strada della umiltà. L’umiltà cristiana non è una virtù che ci fa dire io non servo per niente e così ci fa nascondere la superbia; invece l’umiltà cristiana è dire la verità: sono peccatore, sono peccatrice! Si tratta, in sostanza, semplicemente di dire la verità; e questa è la nostra verità. C’è anche l’altra verità: Dio ci salva! Ma ci salva là, quando noi siamo emarginati. Non ci salva nella nostra sicurezza. Chiediamo la grazia di avere questa saggezza di emarginarci; la grazia dell’umiltà per ricevere la salvezza del Signore.

Santa Marta, 24.3.2014

Maria ha offerto la propria esistenza, ha messo tutta se stessa a disposizione della volontà di Dio, diventando “luogo” della sua presenza, “luogo” in cui dimora il Figlio di Dio. L’esperienza della condivisione fraterna con chi soffre ci apre alla vera bellezza della vita umana, che comprende la sua fragilità. Nella custodia e nella promozione della vita, in qualunque stadio e condizione si trovi, possiamo riconoscere la dignità e il valore di ogni singolo essere umano, dal concepimento fino alla morte.

Al Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari, 24.3.2014

Quel giorno, vi trovò Gesù, seduto, «affaticato per il viaggio» (Gv 4,6). Egli subito le dice: «Dammi da bere» (v. 7). In questo modo supera le barriere di ostilità che esistevano tra giudei e samaritani e rompe gli schemi del pregiudizio nei confronti delle donne. La semplice richiesta di Gesù è l’inizio di un dialogo schietto, mediante il quale Lui, con grande delicatezza, entra nel mondo interiore di una persona alla quale, secondo gli schemi sociali, non avrebbe dovuto nemmeno rivolgere la parola. Ma Gesù lo fa! Gesù non ha paura. Gesù quando vede una persona va avanti, perché ama. Ci ama tutti. Non si ferma mai davanti ad una persona per pregiudizi. Gesù la pone davanti alla sua situazione, non giudicandola ma facendola sentire considerata, riconosciuta, e suscitando così in lei il desiderio di andare oltre la routine quotidiana.
Quella di Gesù era sete non tanto di acqua, ma di incontrare un’anima inaridita. Gesù aveva bisogno di incontrare la Samaritana per aprirle il cuore: le chiede da bere per mettere in evidenza la sete che c’era in lei stessa. La donna rimane toccata da questo incontro: rivolge a Gesù quelle domande profonde che tutti abbiamo dentro, ma che spesso ignoriamo.

Angelus, 23.3.2014

Il Signore è più grande dei pregiudizi, per questo non ebbe timore di fermarsi con la Samaritana: la misericordia è più grande del pregiudizio. Questo dobbiamo impararlo bene! La misericordia è più grande del pregiudizio, e Gesù è tanto misericordioso, tanto! Il risultato di quell’incontro presso il pozzo fu che la donna fu trasformata: «lasciò la sua anfora» (v. 28), con la quale veniva a prendere l’acqua, e corse in città a raccontare la sua esperienza straordinaria. “Ho trovato un uomo che mi ha detto tutte le cose che io ho fatto. Che sia il Messia?” Era entusiasta. Era andata a prendere l’acqua del pozzo, e ha trovato un’altra acqua, l’acqua viva della misericordia che zampilla per la vita eterna. Ha trovato l’acqua che cercava da sempre! Corre al villaggio, quel villaggio che la giudicava, la condannava e la rifiutava, e annuncia che ha incontrato il Messia: uno che le ha cambiato la vita. Perché ogni incontro con Gesù ci cambia la vita, sempre. E’ un passo avanti, un passo più vicino a Dio. E così ogni incontro con Gesù ci cambia la vita. Sempre, sempre è così.

Angelus, 23.3.2014

In questo Vangelo troviamo anche noi lo stimolo a “lasciare la nostra anfora”, simbolo di tutto ciò che apparentemente è importante, ma che perde valore di fronte all’«amore di Dio». Tutti ne abbiamo una, o più di una! Io domando a voi, anche a me: “Qual è la tua anfora interiore, quella che ti pesa, quella che ti allontana da Dio?”. Lasciamola un po’ da parte e col cuore sentiamo la voce di Gesù che ci offre un’altra acqua, un’altra acqua che ci avvicina al Signore.
Siamo chiamati a riscoprire l’importanza e il senso della nostra vita cristiana, iniziata nel Battesimo e, come la Samaritana, a testimoniare ai nostri fratelli. Che cosa? La gioia! Testimoniare la gioia dell’incontro con Gesù, perché ho detto che ogni incontro con Gesù ci cambia la vita, e anche ogni incontro con Gesù ci riempie di gioia, quella gioia che viene da dentro. E così è il Signore. E raccontare quante cose meravigliose sa fare il Signore nel nostro cuore, quando noi abbiamo il coraggio di lasciare da parte la nostra anfora.

Angelus, 23.3.2014

Il dramma di questa gente, ma anche il dramma nostro. Si sono impadronite della parola di Dio. E la Parola di Dio diventa parola loro. Una parola secondo il loro interesse, le loro ideologie, le loro teologie, al loro servizio. A tal punto che ognuno la interpreta secondo la propria volontà, secondo il proprio interesse. Questo è il dramma de questo popolo. E uccidono. È successo anche a Gesù.
I capi dei sacerdoti e i farisei capirono che parlava di loro quando avevano sentito questa parabola e così cercarono di catturarlo e farlo morire. La Parola di Dio diventa morta, diventa imprigionata. E lo Spirito Santo è ingabbiato nei desideri di ognuno di loro. Lo stesso succede a noi, quando non siamo aperti alla novità della Parola di Dio, quando non siamo obbedienti alla Parola di Dio. La Parola di Dio è morta nel cuore di questa gente, può anche morire nel nostro cuore! Ma non finisce perché è viva nel cuore dei semplici, degli umili, del popolo di Dio. Cercavano di catturare Gesù ebbero paura del popolo che lo considerava un profeta. Era la folla semplice, che andava dietro Gesù perché quello che Gesù diceva faceva bene e scaldava il cuore. Questa gente non usava la Parola di Dio per il proprio interesse ma semplicemente sentiva e cercava di essere un po’ più buona.
Cosa noi possiamo fare per non uccidere la Parola di Dio, per non impadronirci di questa Parola, per essere docili, per non ingabbiare lo Spirito Santo? Due semplici strade: quella dell’umiltà e quella della preghiera. Non pregavano, non avevano bisogno di pregare: si sentivano sicuri, si sentivano forti, si sentivano dei. Con l’umiltà e la preghiera andiamo avanti per ascoltare la Parola di Dio e obbedirle nella Chiesa. E così non succederà a noi ciò che è accaduto a questa gente: non uccideremo per difendere quella parola che noi crediamo essere la Parola di Dio ma che invece è divenuta una parola totalmente alterata da noi.

Santa Marta, 21.3.2014

L’obiettivo del pellegrinaggio è
il rinnovamento
dell’Alleanza d’Amore
nella sua forza plasmatrice e missionaria;
quella che si manifesterà – al di dentro di Schoenstatt
nel rinnovamento della famiglia, e al di fuori,
nella forgiatura di una Cultura d’Alleanza.

Documento del Laboro 2014

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