Postato su 2013-12-10 In Francesco - messaggio

La meta del nostro pellegrinaggio

org. Tutte le classi della Chiesa, e molte altre al di fuori, credenti o no, hanno ricevuto le sue parole chiare e piene di speranza, al contempo colme di motivazione, per assumere la responsabilità che tutti abbiamo di costruire un mondo secondo il volere di Dio, nella forza dello Spirito e per il sentiero di Cristo. I Cardinali e i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i novizi e i seminaristi, le famiglie, i giovani e gli anziani, le comunità e le istituzioni hanno ricevuto questa proposta di uscire “per la strada”, a portare non una speranza utopica, bensì fatti concreti, progetti evangelizzatori di vita all’uomo, ovunque si trovi, e se è nella “periferia”, lì stesso, con tutti i rischi e i pericoli che porta. Preferisco una Chiesa accidentata, perché esce a servire, che è ammalata per essere chiusa in sé stessa, ci ripete costantemente. Tutto ciò si trova in Schoenstatt.org, dove si custodiscono di settimana in settimana i testi che ci incitano ad andare in pellegrinaggio verso il Giubileo 2014. Indubbiamente essendo noi Chiesa, queste parole sono rivolte a noi. Come sarebbe contento il Padre con questo impulso missionario, che ci è regalato dal cuore stesso della Chiesa (P. José Maria Garcia)

SETTIMANA 49/2013

E’un pellegrinaggio universale verso una meta comune , che nell’Antico Testamento è Gerusalemme, dove sorge il tempio del Signore, perché da lì, da Gerusalemme, è venuta la rivelazione del volto di Dio e della sua legge. La rivelazione ha trovato in Gesù Cristo il suo compimento, e il “tempio del Signore” è diventato Lui stesso, il Verbo fatto carne: è Lui la guida ed insieme la meta del nostro pellegrinaggio, del pellegrinaggio di tutto il Popolo di Dio; e alla sua luce anche gli altri popoli possono camminare verso il Regno della giustizia, verso il Regno della pace.

Angelus, 1 dicembre 2013

Siamo infatti abituati a pensare a Gesù mentre predica, mentre guarisce, mentre va per le strade a parlare alla gente, o quando sale sulla croce. Ma non siamo tanto abituati a pensare a Gesù sorridente, gioioso. Gesù era pieno di gioia. Una gioia che gli derivava dall’intimità con il Padre. La gioia sempre, perché deriva da una dichiarazione dogmatica di Gesù che dice: “tu hai deciso così, di rivelarti non ai sapienti ma ai piccoli”. È proprio da questo rapporto con il Padre nello Spirito Santo che nasce la gioia interiore di Gesù. Quella gioia, che lui dà a noi. Non si può pensare a una Chiesa senza gioia, perché Gesù ha voluto che la sua sposa, la Chiesa, fosse gioiosa. E la gioia della Chiesa è proprio annunciare il nome di Gesù per poter dire: Il mio sposo è il Signore, è Dio che ci salva e ci accompagna. In questa gioia di sposa, la Chiesa diventa madre. Paolo VI diceva: la gioia della Chiesa è proprio evangelizzare e trasmettere questa gioia ai suoi figli.

Santa Marta, 3 dicembre 2013

Le parole cristiane svuotate della presenza di Cristo sono come parole impazzite, senza senso e ingannatrici che sfociano nell’orgoglio e nel potere per il potere. E il Signore abbatte queste persone. Questa verità, è una costante nella storia della salvezza. Lo dice Anna, la mamma di Samuele; lo dice Maria nel Magnificat: il Signore abbatte la vanità, l’orgoglio di quelle persone che si credono di essere roccia. Sono persone che vanno soltanto dietro una parola, senza Gesù Cristo. Fanno propria una parola che è cristiana ma senza Gesù Cristo: senza il rapporto con Gesù Cristo; senza la preghiera con Gesù Cristo; senza il servizio a Gesù Cristo; senza l’amore a Gesù Cristo. Quello che il Signore oggi ci dice è un invito a costruire la nostra vita su questa roccia. E la roccia è Lui. Il Pontefice ha voluto nuovamente precisare di riferirsi espressamente «alle parole cristiane. Perché quando non c’è Gesù Cristo — ha detto — anche questo ci divide fra noi e fa la divisione nella Chiesa. Papa Francesco ha concluso l’omelia chiedendo al Signore la grazia di aiutarci in questa umiltà che dobbiamo avere: sempre dire parole cristiane in Gesù Cristo, non senza Gesù Cristo. E ha chiesto al Signore di aiutarci anche in questa umiltà di essere discepoli, salvati, di andare avanti non con parole che, per crederci potenti, finiscono nella pazzia della vanità e nella pazzia dell’orgoglio. Che «il Signore — ha concluso — ci dia questa grazia dell’umiltà di dire parole con Gesù Cristo. Fondate su Gesù Cristo».

Santa Marta, 5 dicembre 2013

Se guardiamo ai momenti più dolorosi della nostra vita, quando abbiamo perso una persona cara – i genitori, un fratello, una sorella, un coniuge, un figlio, un amico –, ci accorgiamo che, anche nel dramma della perdita, anche lacerati dal distacco, sale dal cuore la convinzione che non può essere tutto finito, che il bene dato e ricevuto non è stato inutile. C’è un istinto potente dentro di noi, che ci dice che la nostra vita non finisce con la morte. Questa sete di vita ha trovato la sua risposta reale e affidabile nella risurrezione di Gesù Cristo. La risurrezione di Gesù non dà soltanto la certezza della vita oltre la morte, ma illumina anche il mistero stesso della morte di ciascuno di noi. Se viviamo uniti a Gesù, fedeli a Lui, saremo capaci di affrontare con speranza e serenità anche il passaggio della morte.

Udienza Generale, 27 novembre 2013

Chi pratica la misericordia non teme la morte. Pensate bene a questo: chi pratica la misericordia non teme la morte! Siete d’accordo? Lo diciamo insieme per non dimenticarlo? Chi pratica la misericordia non teme la morte. E perché non teme la morte? Perché la guarda in faccia nelle ferite dei fratelli, e la supera con l’amore di Gesù Cristo. Se apriremo la porta della nostra vita e del nostro cuore ai fratelli più piccoli, allora anche la nostra morte diventerà una porta che ci introdurrà al cielo, alla patria beata, verso cui siamo diretti, anelando di dimorare per sempre con il nostro Padre, Dio, con Gesù, con la Madonna e con i santi.

Udienza Generale, 27 novembre 2013

Il Signore vuole che noi capiamo cosa succede nel nostro cuore, nella nostra vita, nel mondo, nella storia…; e capiamo «cosa significa ciò che accade adesso». Infatti è nelle risposte a queste domande che possiamo individuare «i segni dei tempi». Eppure non sempre le cose vanno così. C’è un nemico in agguato. È «lo spirito del mondo», che — ha ricordato il Santo Padre — «ci fa altre proposte». Perché «non ci vuole popolo, ci vuole massa. Senza pensiero e senza libertà». Lo spirito del mondo, in sostanza, ci spinge lungo «una strada di uniformità, ma senza quello spirito che fa il corpo di un popolo», trattandoci «come se noi non avessimo la capacità di pensare, come persone non libere». Il pensiero uniforme, il pensiero uguale, il pensiero debole»; un pensiero purtroppo «così diffuso». Lo spirito del mondo non vuole che noi ci chiediamo davanti a Dio: ma perché accade questo?». E per distrarci dalle domande essenziali, «ci propone un pensiero pret-à-porter, secondo i nostri gusti: io penso come mi piace». Questo modo di pensare «va bene» allo spirito del mondo; mentre quello che lui «non vuole è ciò che ci chiede Gesù: il pensiero libero, il pensiero di un uomo e di una donna che sono parte del popolo di Dio». Del resto, «la salvezza è stata proprio questa: farci popolo, popolo di Dio. Avere libertà.

Santa Marta, 29 novembre 2013

Qual è la strada che il Signore vuole? Abbiamo bisogno dell’aiuto del Signore, abbiamo bisogno dello Spirito Santo per capire i segni dei tempi». Infatti è proprio lo Spirito a donarci «l’intelligenza per capire». Chiedere al Signore Gesù la grazia che ci invii il suo spirito di intelligenza», affinché «non abbiamo un pensiero debole, un pensiero uniforme, un pensiero secondo i nostri gusti», per avere invece «soltanto un pensiero secondo Dio». E «con questo pensiero — di mente, di cuore e di anima — che è dono dello Spirito», cercare di poter capire «cosa significano le cose, capire bene i segni dei tempi».

Santa Marta, 29 novembre 2013

Come nella vita di ognuno di noi c’è sempre bisogno di ripartire, di rialzarsi, di ritrovare il senso della mèta della propria esistenza, così per la grande famiglia umana è necessario rinnovare sempre l’orizzonte comune verso cui siamo incamminati. L’orizzonte della speranza! Questo è l’orizzonte per fare un buon cammino. Il tempo di Avvento, che oggi di nuovo incominciamo, ci restituisce l’orizzonte della speranza, una speranza che non delude perché è fondata sulla Parola di Dio. Una speranza che non delude, semplicemente perché il Signore non delude mai! Lui è fedele! Lui non delude! Pensiamo e sentiamo questa bellezza. Il modello di questo atteggiamento spirituale, di questo modo di essere e di camminare nella vita, è la Vergine Maria. Una semplice ragazza di paese, che porta nel cuore tutta la speranza di Dio! Nel suo grembo, la speranza di Dio ha preso carne, si è fatta uomo, si è fatta storia: Gesù Cristo. Il suo Magnificat è il cantico del Popolo di Dio in cammino, e di tutti gli uomini e le donne che sperano in Dio, nella potenza della sua misericordia. Lasciamoci guidare da lei, che è madre, è mamma e sa come guidarci. Lasciamoci guidare da Lei in questo tempo di attesa e di vigilanza operosa.

Angelus, 1 dicembre 2013

L’obiettivo del pellegrinaggio è
il rinnovamento
dell’Alleanza d’Amore
nella sua forza plasmatrice e missionaria;
quella che si manifesterà – al di dentro di Schoenstatt
nel rinnovamento della famiglia, e al di fuori,
nella forgiatura di una Cultura d’Alleanza

Documento del Laboro 2014

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