Postato su 2013-03-22 In Vivere l’Alleanza

Si vede come uno di noi…

ROMA, P. Mauricio Cox. La Provvidenza ha voluto, che fossimo qui a Roma da qualche mese a motivo di alcuni studi di teologia, e così vivere da vicino questi giorni d’intensa emozione ed importanza per la nostra Chiesa. Mercoledì scorso, dopo le ore 19, appena ho visto per TV dalla mia parrocchia, che usciva fumo bianco dal camino del tetto della Cappella Sistina, ho preso l’ombrello (poiché era caduta una pioggerellina tutto il giorno) e sono uscito correndo alla stazione ferroviaria.

 

In meno di mezzora, come mai, sono arrivato a Piazza San Pietro, che già era traboccante di gente. Lì ho aspettato con ansia insieme a più di centinaia di pellegrini venuti da tutta Roma e da altri paesi, e poi con profonda emozione che il nuovo Papa uscisse al balcone per darci la sua benedizione.

Si sentiva nell’ambiente, e nel cuore di tanti, che si aspettava qualcosa di nuovo, differente da quest’elezione papale…e realmente così è accaduto. Lo Spirito Santo ha scosso di nuovo la Chiesa, come lo aveva fatto l’11 febbraio scorso, regalandoci questo Papa “cercato quasi alla fine del mondo”, come lui stesso ha detto nelle sue prime parole di saluto al popolo di Roma e a tutto il mondo.

Sono rimasto di stucco, quando ho ascoltato in latino il nome Georgium Marium Bergoglio, non riuscivo a crederlo…inoltre alcuni italiani accanto a me all’ascoltare il suo cognome hanno cominciato a gridare; Bergoglio, Bergoglio è un Papa italiano! Io ho reagito spontaneamente ed ho detto ad alta voce con il mio povero italiano: No! è argentino, è arcivescovo di Buenos Aires…è latino-americano! Poi dopo un silenzio un poco incomodo per me per essere in rilevante minoranza. Un giovane che con le sue audioprotesi seguiva la trasmissione della radio, ha detto. “È vero, il Papa è argentino!”

Con questo gesto ha unito la preoccupazione per la continuità con una promessa di novità

Da quel momento sono cominciate le grida, l’emozione, e la gioia per questo nuovo Papa non europeo, e che inoltre aveva scelto chiamarsi Francesco, il cui nome esprime già tutto un programma, e che risveglia tanti sentimenti non solamente negli italiani.

Ma la sorpresa è venuta dopo pochi minuti, all’apparire nella Loggia della Benedizione ( il balcone della benedizione), il nuovo Papa Francesco che si è rivolto a noi con tanta semplicità e cordialità: Fratelli e sorelle, buona sera!. Lo si notava profondamente emozionato, sorpreso per quest’elezione, che esprimeva da sola l’universalità della Chiesa Cattolica.

Dopo aver ringraziato per l’accoglienza, ci ha invitati a pregare per l’emerito Vescovo di Roma uscente, Benedetto XVI: “affinché il Signore lo benedica e la Madonna lo protegga”. Con questo gesto ha unito la preoccupazione per la continuità con una promessa di novità.

Il gran gesto di umiltà

Poi il suo messaggio di fraternità, tipico del Santo di Assisi: “cominciamo insieme questo cammino: vescovo e popolo. Un cammino di fraternità, d’amore, di fiducia tra noi. Preghiamo sempre per noi: l’uno per l’altro. Preghiamo per tutto il mondo, affinché ci sia una gran fraternità”.

Queste parole esprimono la sua visione intorno al rapporto che ci deve essere tra il popolo di Dio e il suo vescovo, come anche la sua preoccupazione per ampliare il nostro sguardo e il nostro cuore, invitandoci a pregare per tutto il mondo, affinché ci sia realmente una gran fraternità universale.

Ciò che più mi ha toccato ed emozionato quella sera, è stato il fatto di averci chiesto, prima di impartirci la sua benedizione, che pregassimo per lui, affinché il Signore lo benedica: “la benedizione del popolo, chiedendo la benedizione per il suo vescovo”. Si è creato in quell’istante un silenzio impressionante in una Piazza S. Pietro traboccante di gente. E stato un momento di fede profonda e d’intensa emozione, mentre Papa Francesco, in un nuovo gesto di umiltà si inchinava con gran rispetto e devozione.

Venti di cambiamento

Che maniera di cominciare il suo ministero pietrino!, parlando con parole e con gesti molto eloquenti. Credo che tutti si siano accorti che non portava la croce d’oro sul petto, come tanti altri gesti con i quali ci ha sorpreso in questi primi giorni del suo pontificato, che già segnalano venti di cambiamento e il suo desiderio di rinnovamento con la semplice radicalità del Vangelo

Ho visitato proprio questi giorni dopo l’elezione, le case del settore parrocchiale dove vivo, impartendo la benedizione di Pasqua alle famiglie nelle loro case, tradizione da molti anni nella diocesi di Roma. In tutti i focolari visitati, senza eccezione, la reazione è stata la stessa: profonda gioia del popolo cristiano per questo nuovo Papa e di tanta speranza per la Chiesa. Già se lo sperimenta come qualcuno vicino, semplice, di origine modesta: “si sente come uno di noi”, alcuni mi dicevano.

La povertà e l’austerità della Chiesa

Riassumo, come una riflessione personale, in tre grandi sfide, che secondo me la Chiesa deve sapere affrontare e rispondere sinceramente al mondo attuale. E che il Papa Francesco incarna in maniera profetica.

Il primo è quello della povertà ed austerità della Chiesa in vista all’evangelizzazione dei poveri e marginati della globalizzazione. Il nome che il nuovo Papa ha scelto ci ricorda la gioia e l’amore per i più poveri che incoraggiava S. Francesco d’Assisi, e che è stato finora al centro della sua vita e la sua preoccupazione come pastore dell’Archidiocesi di Buenos Aires.

Sono molto eloquenti le sue parole pronunciate nel suo incontro con i massmedia, spiegando il perché ha voluto chiamarsi Francesco: “Francesco d’Assisi è per me l’uomo della povertà, l’uomo della pace, l’uomo che ama e che ha cura della creazione; l’uomo che ci regala questo spirito di pace, l’uomo povero…. Quanto desidererei una Chiesa povera e per i poveri!”

È stato inevitabile all’ascoltare il Papa questa mattina, ricordare quelle parole profetiche del nostro Padre Fondatore, che 50 anni fa alla chiusura del Concilio Vaticano II, sognava come Papa Francesco, una Chiesa fraterna e al contempo gerarchica, una Chiesa famiglia, una Chiesa più semplice e vicina ai poveri: “Una Chiesa povera, capace di rinunciare alla pompa, alla forma esteriore, che aveva adottato nell’era costantiniana e che aveva acquistato nell’epoca del Rinascimento, e una Chiesa amica dei poveri. Una Chiesa che non cerca privilegi sociali per i suoi membri”.

Collegialità

La seconda sfida è quella della collegialità; non si tratta che la democrazia arrivi alla Chiesa, ma piuttosto la convinzione di fede secondo la quale ogni vescovo fa parte di quella comunione di vescovi, che insieme e sotto la guida del romano Pontefice, garantisca l’unità della Chiesa. Un papato senza collegialità s’impoverisce, e sebbene il Concilio Vaticano II parli di collegialità, in pratica ci manca percorrere ancora cammino e crescere in questa collegialità e partecipazione.

Già l’origine di questo Papa ci parla di un contrappeso, di una “controcorrente” che viene dalla periferia al centro della Chiesa, di un Papa “che viene dal sud”, che porta un’esperienza ecclesiale diversa ed una sensibilità, che si nota riflessa anche nei gesti e nelle parole del Papa Francesco, lo stesso giorno della sua elezione: “Questo cammino della Chiesa di Roma, che è quella che presiede nella carità tutte le Chiese”. Occupa qui in questa frase, una delle definizioni più antiche che si riferisce al Papato, presa da Sant’Ignazio di Antiochia, che interpreta il primato del Vescovo di Roma, non tanto quanto un Primato d’onore o di giurisdizione, bensì come un servizio nella carità e garante di comunione tra le Chiese.

L’unità tra i cristiani e il dialogo tra le religioni

Infine unito a questa seconda sfida, si presenta il tema dell’unità visibile tra le altre Chiese cristiane e il dialogo tra le religioni, in un mondo sempre più globalizzato ed interrelato. Qui anche per il suo modo d’intendere il primato e la sua fraternità mondiale, sembrano aprirsi spazi per nuovi avvicinamenti e risvegliare nuove speranze di un maggiore avvicinamento tra i cristiani e le altre religioni.

Dunque, sono solamente bastate un nome ed alcune semplici e brevi parole per dimostrare a Roma e al mondo, chi è il nuovo successore di Pietro. La Chiesa cattolica al contempo, ha dimostrato mediante il Collegio elettorale con esempio di essere capace di un’elezione che farà parte della storia per la sua coraggiosa novità.

Traduzione: Maria Tedeschi, La Plata, Argentina

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