Postato su 2014-06-25 In Francesco - messaggio

Un dinamismo d’amore, di comunione, di servizio reciproco, di condividere

org. Tutte le classi della Chiesa, e molte altre al di fuori, credenti o no, hanno ricevuto le sue parole chiare e piene di speranza, al contempo colme di motivazione, per assumere la responsabilità che tutti abbiamo di costruire un mondo secondo il volere di Dio, nella forza dello Spirito e per il sentiero di Cristo. I Cardinali e i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i novizi e i seminaristi, le famiglie, i giovani e gli anziani, le comunità e le istituzioni hanno ricevuto questa proposta di uscire “per la strada”, a portare non una speranza utopica, bensì fatti concreti, progetti evangelizzatori di vita all’uomo, ovunque si trovi, e se è nella “periferia”, lì stesso, con tutti i rischi e i pericoli che porta. Preferisco una Chiesa accidentata, perché esce a servire, che è ammalata per essere chiusa in sé stessa, ci ripete costantemente. Tutto ciò si trova in Schoenstatt.org, dove si custodiscono di settimana in settimana i testi che ci incitano ad andare in pellegrinaggio verso il Giubileo 2014. Indubbiamente essendo noi Chiesa, queste parole sono rivolte a noi. Come sarebbe contento il Padre con questo impulso missionario, che ci è regalato dal cuore stesso della Chiesa (P. José Maria Garcia)

SETTIMANA 25/2014

Corriamo il rischio di ignorare la sofferenza che non è attorno a noi. Reagiamo e chiediamo per le pace in Siria.

Tweet 14/06/2014

La “povertà e l’umiltà sono al centro del Vangelo”, in “senso teologico, non sociologico”. “Non si può comprendere il Vangelo, senza povertà, che va però distinta dal pauperismo”. I vescovi, soggiunge, devono essere “servitori” e non “principi”.

Intervista per il Giornale La Vanguardia, Spagna

Il dono del timore di Dio, non significa avere paura di Dio: sappiamo bene che Dio è Padre, e che ci ama e vuole la nostra salvezza, e sempre perdona, sempre; per cui non c’è motivo di avere paura di Lui! Il timore di Dio, invece, è il dono dello Spirito che ci ricorda quanto siamo piccoli di fronte a Dio e al suo amore e che il nostro bene sta nell’abbandonarci con umiltà, con rispetto e fiducia nelle sue mani. Questo è il timore di Dio: l’abbandono nella bontà del nostro Padre che ci vuole tanto bene.

Udienza Generale, 11.6.2014

Quando lo Spirito Santo prende dimora nel nostro cuore, ci infonde consolazione e pace, e ci porta a sentirci così come siamo, cioè piccoli, con quell’atteggiamento – tanto raccomandato da Gesù nel Vangelo – di chi ripone tutte le sue preoccupazioni e le sue attese in Dio e si sente avvolto e sostenuto dal suo calore e dalla sua protezione, proprio come un bambino con il suo papà! Questo fa lo Spirito Santo nei nostri cuori: ci fa sentire come bambini nelle braccia del nostro papà. In questo senso, allora, comprendiamo bene come il timore di Dio venga ad assumere in noi la forma della docilità, della riconoscenza e della lode, ricolmando il nostro cuore di speranza. Tante volte, infatti, non riusciamo a cogliere il disegno di Dio, e ci accorgiamo che non siamo capaci di assicurarci da noi stessi la felicità e la vita eterna. È proprio nell’esperienza dei nostri limiti e della nostra povertà, che lo Spirito ci conforta e ci fa percepire come l’unica cosa importante sia lasciarci condurre da Gesù fra le braccia di suo Padre.

Udienza Generale, 11.6.2014

Si tratta, di una domanda interessante, che Pietro fa per curiosità, dopo questo dialogo, quando guarda Giovanni: e a lui cosa succederà? A Gesù gli apostoli, proprio il giorno dell’Ascensione, hanno fatto la stessa domanda: ma adesso viene il trionfo? Quasi per dire: Come finirà questo primo amore che ha camminato tanto? Come finirà questo essere pastori? Finirà con la gloria, con la maestà? No, fratello, finirà in modo più comune, anche più umiliante tante volte. Magari, finirà a letto che ti danno da mangiare, che ti devono vestire, inutile, lì, ammalato. Non serve ripetere: Ma, Signore, io ho fatto questo per te, ho avuto un grande amore, ho pascolato come tu mi hai detto, e devo finire così? Sì, si deve finire come è finito lui! Quell’amore muore come il seme del grano e così, poi, verrà il frutto. Ma io non lo vedrò!

Santa Marta, 6.6.2014

Il quarto e ultimo punto è costituito da una parola più forte: seguimi! È proprio quello che dice Gesù se noi abbiamo perso l’orientamento e non sappiamo come rispondere sull’amore, non sappiamo come rispondere su questo essere pastori o non abbiamo la certezza che il Signore non ci lascerà da soli nei momenti più brutti della vita, nella malattia. Questo «seguimi!», deve essere la nostra certezza, sulle orme di Gesù, su quella strada… Il Signore dia a tutti noi la grazia di trovare sempre, o ricordare sempre, il primo amore; di essere pastori; di non avere vergogna di finire umiliati su un letto o di perdere la ragione. Una preghiera al Signore perché sempre ci dia la grazia di andare dietro Gesù, sulle orme di Gesù, e ci dia così la grazia di seguirlo.

Santa Marta, 6.6.2014

So che mi può succedere qualcosa, però sta tutto nelle mani di Dio. In Brasile mi avevano preparato il papamobile chiuso. Io però non posso salutare un popolo e dirgli che lo amo da dentro una scatola di sardine, per me questo è un muro. È vero che qualcosa può succedermi, ma siamo realisti, alla mia età non ho molto da perdere.

Intervista per il Giornale La Vanguardia, Spagna

È provato che con il cibo che ci avanza potremmo alimentare la gente che ha fame. Quando voi vedete fotografie di bambini denutriti, vi prendete la testa, non capite. Credo che stiamo in un sistema mondiale economico che non è buono. Nel centro di tutto il sistema economico deve esserci l’uomo, l’uomo e la donna, e tutto il resto deve essere al loro servizio. Ma noi abbiamo messo il denaro nel centro al dio denaro. Siamo caduti in peccato di idolatria, l’idolatria del denaro. L’economia si muove per l’ansia di avere di più e si alimenta una cultura di scartare. Si scartano i giovani, quando si limita la natalità.

Si scartano gli anziani, perché non servono, non producono, è la classe passiva….Al scartare i bambini e gli anziani, si scarta il futuro di un popolo, perché i bambini spingono avanti e gli anziani ci danno la saggezza, conservano la memoria di quel popolo e devono passarla ai giovani

Intervista per il giornale La Vanguardia, Spagna

Tutti siamo chiamati a testimoniare ed annunciare il messaggio che «Dio è amore», che Dio non è lontano o insensibile alle nostre vicende umane. Egli ci è vicino, è sempre al nostro fianco, cammina con noi per condividere le nostre gioie e i nostri dolori, le nostre speranze e le nostre fatiche. Ci ama tanto e a tal punto che si è fatto uomo, è venuto nel mondo non per giudicarlo ma perché il mondo si salvi per mezzo di Gesù (cfr Gv 3,16-17). E questo è l’amore di Dio in Gesù, quest’amore, che è tanto difficile da capire, ma che noi sentiamo quando ci avviciniamo a Gesù. E Lui ci perdona sempre, Lui ci aspetta sempre, Lui ci ama tanto. E l’amore di Gesù che noi sentiamo è l’amore di Dio. Lo Spirito Santo, dono di Gesù Risorto, ci comunica la vita divina e così ci fa entrare nel dinamismo della Trinità, che è un dinamismo di amore, di comunione, di servizio reciproco, di condivisione. Una persona che ama gli altri per la gioia stessa di amare, è il riflesso della Trinità. Una famiglia, in cui ci si ama e ci si aiuta gli uni gli altri è un riflesso della Trinità. Una parrocchia, in cui ci si vuole bene e si condividono i beni spirituali e materiali è un riflesso della Trinità. L’amore vero è senza limiti, ma sa limitarsi, per andare incontro all’altro, per rispettare la libertà dell’altro. Tutte le domeniche andiamo a Messa, celebriamo l’Eucaristia insieme e l’Eucaristia è come il “roveto ardente”, in cui umilmente abita e si comunica la Trinità.

Angelus, 15.6-.2014


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