Postato su 2014-02-18 In Francesco - messaggio

Vai, vai avanti, canta e cammina, con la gioia

org. Tutte le classi della Chiesa, e molte altre al di fuori, credenti o no, hanno ricevuto le sue parole chiare e piene di speranza, al contempo colme di motivazione, per assumere la responsabilità che tutti abbiamo di costruire un mondo secondo il volere di Dio, nella forza dello Spirito e per il sentiero di Cristo. I Cardinali e i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i novizi e i seminaristi, le famiglie, i giovani e gli anziani, le comunità e le istituzioni hanno ricevuto questa proposta di uscire “per la strada”, a portare non una speranza utopica, bensì fatti concreti, progetti evangelizzatori di vita all’uomo, ovunque si trovi, e se è nella “periferia”, lì stesso, con tutti i rischi e i pericoli che porta. Preferisco una Chiesa accidentata, perché esce a servire, che è ammalata per essere chiusa in sé stessa, ci ripete costantemente. Tutto ciò si trova in Schoenstatt.org, dove si custodiscono di settimana in settimana i testi che ci incitano ad andare in pellegrinaggio verso il Giubileo 2014. Indubbiamente essendo noi Chiesa, queste parole sono rivolte a noi. Come sarebbe contento il Padre con questo impulso missionario, che ci è regalato dal cuore stesso della Chiesa (P. José Maria Garcia)

SETTIMANA 8/2014

 

Impariamo da Gesù a pregare, a perdonare, a seminare pace, ad essere vicini a chi è nel bisogno.

Non si può pensare a un cristiano fermo. Un cristiano che rimanga fermo è ammalato nella sua identità cristiana. il Signore li inviò, andate, andate avanti! E questo significa che il cristiano è un discepolo del Signore che cammina, che va sempre avanti. Ricordando quanto proclamato poco prima nel Salmo ha ripetuto che il cristiano è discepolo proprio per camminare, per andare: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo». (Salmo 116).

Santa Marta, 14 febbraio 2014

Camminare per il cristiano significa però anche «andare oltre le difficoltà». Per spiegare questa affermazione Papa Francesco ha fatto riferimento alla lettura del giorno tratta dagli Atti degli Apostoli (13, 46-49), nella quale Paolo e Barnaba ad Antiochia di Pisìdia vedendo che gli ebrei non li seguivano «sono andati ai pagani: avanti!». Del resto, ha proseguito il Pontefice, anche Gesù alle nozze di Cana «ha fatto così, è andato avanti: gli invitati non sono venuti; tutti hanno trovato un motivo per non andare. Cosa dice Gesù, non facciamo la festa? No! Andate all’incrocio dei cammini, delle strade e invitate tutti, buoni e cattivi. Così dice il Vangelo. Ma anche i cattivi? Anche i cattivi! Tutti! Il cristiano cammina, se ci sono difficoltà va oltre per annunciare che il Regno di Dio è vicino».

Santa Marta, 14 febbraio 2014

Il cristiano è un agnello e deve conservare questa identità di agnello: “andate, ecco vi mando come agnelli in mezzo ai lupi”». Davide, ha ricordato, non ha accettato le armature che gli erano state offerte per lottare contro il filisteo: non avrebbe potuto muoversi, non sarebbe stato «se stesso, l’umile, il semplice Davide. Alla fine ha preso la fionda e ha vinto la battaglia». Bisogna dunque restare agnelli e «non diventare lupi, perché alle volte — ha precisato il Santo Padre — la tentazione ci fa pensare: “Questo è difficile, questi lupi sono furbi e anche io sarò più furbo di loro!”». Dunque restare «agnello, non scemo; ma agnello. Agnello, con l’astuzia cristiana, ma sempre agnello. Perché se tu sei agnello Lui ti difende. Ma se ti senti forte come il lupo Lui non ti difende, ti lascia solo. E i lupi ti mangeranno crudo».

Santa Marta, 14 febbraio 2014

La gioia è lo stile del cristiano. Sono persone che esultano perché conoscono il Signore e portano il Signore. Non può camminare il cristiano senza gioia. Non si può camminare come agnelli senza gioia». Un atteggiamento che va mantenuto sempre, anche di fronte ai problemi, nei momenti di difficoltà, anche «nei propri sbagli e peccati» perché «c’è la gioia di Gesù che sempre perdona e aiuta». Dunque il Vangelo, ha ripetuto il vescovo di Roma, deve essere portato nel mondo da questi agnelli che camminano con gioia. «Non fanno un favore al Signore nella Chiesa — ha quindi ammonito — quei cristiani che hanno un tempo di adagio lamentoso, che vivono sempre così, lamentandosi di tutto, tristi. Questo non è lo stile di un discepolo. Sant’Agostino dice: vai, vai avanti, canta e cammina, con la gioia! E quello è lo stile del cristiano: annunciare il Vangelo con gioia». Invece «la troppa tristezza e anche l’amarezza ci portano a vivere un cosiddetto cristianesimo senza Cristo: La Croce vuota ai cristiani che sono davanti al Sepolcro piangendo, come la Maddalena, ma senza la gioia di avere trovato il Resuscitato.

Santa Marta, 14 febbraio 2014

Bisogna sempre tenere presente che l’Eucaristia non è qualcosa che facciamo noi; non è una nostra commemorazione di quello che Gesù ha detto e fatto. No. È proprio un’azione di Cristo! È Cristo che lì agisce, che è sull’altare. E’ un dono di Cristo, il quale si rende presente e ci raccoglie attorno a sé, per nutrirci della sua Parola e della sua vita. Questo significa che la missione e l’identità stessa della Chiesa sgorgano da lì, dall’Eucaristia, e lì sempre prendono forma. Una celebrazione può risultare anche impeccabile dal punto di vista esteriore, bellissima, ma se non ci conduce all’incontro con Gesù Cristo, rischia di non portare alcun nutrimento al nostro cuore e alla nostra vita. Attraverso l’Eucaristia, invece, Cristo vuole entrare nella nostra esistenza e permearla della sua grazia, così che in ogni comunità cristiana ci sia coerenza tra liturgia e vita.

Il cuore si riempie di fiducia e di speranza pensando alle parole di Gesù riportate nel Vangelo: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Gv 6,54). Viviamo l’Eucaristia con spirito di fede, di preghiera, di perdono, di penitenza, di gioia comunitaria, di preoccupazione per i bisognosi e per i bisogni di tanti fratelli e sorelle, nella certezza che il Signore compirà quello che ci ha promesso: la vita eterna.

Udienza Generale, 12 febbraio 2014

Che paziente è il nostro popolo. Quando andiamo nelle parrocchie — ha detto infatti il vescovo di Roma — troviamo persone che soffrono, che hanno problemi, che hanno un figlio disabile o hanno una malattia, ma portano avanti con pazienza la vita». Sono persone che non chiedono «un miracolo» ma vivono con «la pazienza di Dio» leggendo «i segni dei tempi». Ci sono persone che sanno soffrire con il sorriso e che conservano «la gioia della fede» nonostante prove e malattie. Sono queste persone a «portare avanti la Chiesa con la loro santità di ogni giorno», fino a divenire autentici punti di riferimento «nelle nostre parrocchie, nelle nostre istituzioni». Nella riflessione di Papa Francesco sulla «pazienza esemplare del popolo di Dio». Il Pontefice ha proseguito la lettura del passo di san Giacomo: «Sapendo che la vostra fede, messa alla prova, produce pazienza. E la pazienza completi l’opera sua in voi, perché siate perfetti e integri, senza mancare di nulla».  È proprio «questa gente, il nostro popolo, nelle nostre parrocchie, nelle nostre istituzioni», che porta «avanti la Chiesa con la sua santità di tutti i giorni, di ogni giorno».

In conclusione il Papa ha riletto il passo di san Giacomo riproposto anche all’inizio dell’omelia. E ha chiesto al Signore di dare «a tutti noi la pazienza: la pazienza gioiosa, la pazienza del lavoro, della pace», donandoci «la pazienza di Dio» e «la pazienza del nostro popolo fedele che è tanto esemplare».

Santa Marta, 17 febbraio 2014

Anche le parole possono uccidere! Quando si dice di una persona che ha la lingua di serpente, cosa si vuol dire? Che le sue parole uccidono! Pertanto, non solo non bisogna attentare alla vita del prossimo, ma neppure riversare su di lui il veleno dell’ira e colpirlo con la calunnia. Neppure sparlare su di lui. Arriviamo alle chiacchiere: le chiacchiere, pure, possono uccidere, perché uccidono la fama delle persone! È tanto brutto chiacchierare! All’inizio può sembrare una cosa piacevole, anche divertente, come succhiare una caramella. Ma alla fine, ci riempie il cuore di amarezza, e avvelena anche noi. Vi dico la verità, sono convinto che se ognuno di noi facesse il proposito di evitare le chiacchiere, alla fine diventerebbe santo! È una bella strada! Vogliamo diventare santi? Sì o no? [Piazza: Si!] Vogliamo vivere attaccati alle chiacchiere come abitudine? Sì o no? [Piazza: No!] Allora siamo d’accordo: niente chiacchiere!

Angelus, 16 febbraio 2014

Da tutto questo si capisce che Gesù non dà importanza semplicemente all’osservanza disciplinare e alla condotta esteriore. Egli va alla radice della Legge, puntando soprattutto sull’intenzione e quindi sul cuore dell’uomo, da dove prendono origine le nostre azioni buone o malvagie. Per ottenere comportamenti buoni e onesti non bastano le norme giuridiche, ma occorrono delle motivazioni profonde, espressione di una sapienza nascosta, la Sapienza di Dio, che può essere accolta grazie allo Spirito Santo. E noi, attraverso la fede in Cristo, possiamo aprirci all’azione dello Spirito, che ci rende capaci di vivere l’amore divino.

Alla luce di questo insegnamento, ogni precetto rivela il suo pieno significato come esigenza d’amore, e tutti si ricongiungono nel più grande comandamento: ama Dio con tutto il cuore e ama il prossimo come te stesso.

Angelus, 16 febbraio 2014

 

L’obiettivo del pellegrinaggio è
il rinnovamento
dell’Alleanza d’Amore
nella sua forza plasmatrice e missionaria;
quella che si manifesterà – al di dentro di Schoenstatt
nel rinnovamento della famiglia, e al di fuori,
nella forgiatura di una Cultura d’Alleanza

Documento del Laboro 2014

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