Postato su 2014-01-25 In Francesco - messaggio

Un popolo discepolo e missionario

org. Tutte le classi della Chiesa, e molte altre al di fuori, credenti o no, hanno ricevuto le sue parole chiare e piene di speranza, al contempo colme di motivazione, per assumere la responsabilità che tutti abbiamo di costruire un mondo secondo il volere di Dio, nella forza dello Spirito e per il sentiero di Cristo. I Cardinali e i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i novizi e i seminaristi, le famiglie, i giovani e gli anziani, le comunità e le istituzioni hanno ricevuto questa proposta di uscire “per la strada”, a portare non una speranza utopica, bensì fatti concreti, progetti evangelizzatori di vita all’uomo, ovunque si trovi, e se è nella “periferia”, lì stesso, con tutti i rischi e i pericoli che porta. Preferisco una Chiesa accidentata, perché esce a servire, che è ammalata per essere chiusa in sé stessa, ci ripete costantemente. Tutto ciò si trova in Schoenstatt.org, dove si custodiscono di settimana in settimana i testi che ci incitano ad andare in pellegrinaggio verso il Giubileo 2014. Indubbiamente essendo noi Chiesa, queste parole sono rivolte a noi. Come sarebbe contento il Padre con questo impulso missionario, che ci è regalato dal cuore stesso della Chiesa (P. José Maria Garcia)

SETTIMANA 4/2014

Se viviamo la fede nella vita quotidiana, il lavoro diventa un’opportunità per trasmettere la gioia di essere cristiani.

Il Popolo di Dio è un Popolo discepolo – perché riceve la fede – e missionario – perché trasmette la fede. E questo lo fa il Battesimo in noi. Ci dona la Grazia e trasmette la fede. Tutti nella Chiesa siamo discepoli, e lo siamo sempre, per tutta la vita; e tutti siamo missionari, ciascuno nel posto che il Signore gli ha assegnato. Tutti: il più piccolo è anche missionario; e quello che sembra più grande è discepolo. Ma qualcuno di voi dirà: “I Vescovi non sono discepoli, i Vescovi sanno tutto; il Papa sa tutto non è discepolo”. No, anche i Vescovi e il Papa devono essere discepoli, perché se non sono discepoli non fanno il bene, non possono essere missionari, non possono trasmettere la fede. Tutti noi siamo discepoli e missionari.

Udienza Generale, 15 gennaio

Esiste un legame indissolubile tra la dimensione mistica e quella missionaria della vocazione cristiana, entrambe radicate nel Battesimo. «Ricevendo la fede e il battesimo, noi cristiani accogliamo l’azione dello Spirito Santo che conduce a confessare Gesù Cristo come Figlio di Dio e a chiamare Dio “Abbà”, Padre. Tutti i battezzati e le battezzate … siamo chiamati a vivere e trasmettere la comunione con la Trinità, poiché l’evangelizzazione è un appello alla partecipazione della comunione trinitaria» (Documento finale di Aparecida, n. 157).

Udienza Generale, 15 gennaio

Il rapporto del Signore con il suo popolo — ha detto — è un rapporto personale, sempre». Un rapporto «da persona a persona: lui è il Signore e il popolo ha un nome. Le persone hanno un nome. Non è un dialogo fra il potente e la massa», ma è un dialogo «personale». Del resto, ha proseguito il Pontefice, «le persone sono organizzate come popolo e il dialogo è con il popolo. E in un popolo ognuno ha il suo posto».

È per questa ragione, ha spiegato, che «mai il Signore parla alla gente» come se si rivolgesse a una «massa». Invece «parla sempre personalmente», chiamando ogni persona con il proprio nome. Inoltre il Signore «sceglie personalmente», ha aggiunto il Papa suggerendo l’esempio del «racconto della creazione. Lo stesso Signore, che con le sue mani artigianalmente fa l’uomo, gli dà un nome: ti chiami Adamo. E così incomincia quel rapporto fra Dio e la persona».

Papa Francesco ha poi indicato un altro aspetto fondamentale: «C’è un rapporto fra Dio e noi piccoli. Dio è grande e noi piccoli». Così «anche quando Dio deve scegliere le persone, anche il suo popolo, sceglie sempre i piccoli».

Messa Santa Marta, 21 gennaio

Tutti noi, con il battesimo, siamo stati eletti dal Signore. Tutti siamo eletti» ha affermato il Papa, spiegando che il Signore «ci ha scelto uno per uno. Ci ha dato un nome. E ci guarda. C’è un dialogo. Perché così ama il Signore».

Ma anche Davide, divenuto poi re, «ha sbagliato» e «forse ha fatto tanti sbagli». La Bibbia ce ne racconta «due forti: due sbagli pesanti». E «cosa ha fatto Davide? Si è umiliato, è tornato alla sua piccolezza e ha detto: sono peccatore! Ha chiesto perdono e ha fatto penitenza».

Proseguendo la riflessione su «questo dialogo fra il Signore e la nostra piccolezza, la piccolezza di ognuno di noi», il Papa ha posto una domanda: «Dov’è la fedeltà cristiana?». E ha risposto: «La fedeltà cristiana, la nostra fedeltà, è semplicemente custodire la nostra piccolezza perché possa dialogare col Signore». Ecco perché «l’umiltà, la mitezza, la mansuetudine sono tanto importanti nella vita del cristiano: sono una custodia della piccolezza». Sono le basi per portare sempre avanti «il dialogo fra la nostra piccolezza e la grandezza del Signore.

Papa Francesco ha concluso l’omelia con una preghiera: «Ci dia il Signore, per intercessione della Madonna — che cantava gioiosa al Dio perché aveva guardato la sua umiltà — la grazia di custodire la nostra piccolezza davanti a lui».

Messa Santa Marta, 21 gennaio

Si tratta di una preoccupazione che dovrebbe improntare ogni scelta politica ed economica, ma a volte sembra solo un’aggiunta per completare un discorso. Coloro che hanno incombenze in tali ambiti hanno una precisa responsabilità nei confronti degli altri, particolarmente di coloro che sono più fragili, deboli e indifesi. Non si può tollerare che migliaia di persone muoiano ogni giorno di fame, pur essendo disponibili ingenti quantità di cibo, che spesso vengono semplicemente sprecate. Parimenti, non possono lasciare indifferenti i numerosi profughi in cerca di condizioni di vita minimamente degne, che non solo non trovano accoglienza, ma non di rado vanno incontro alla morte in viaggi disumani. Sono consapevole che queste parole sono forti, persino drammatiche, tuttavia esse intendono sottolineare, ma anche sfidare, la capacità di influire di codesto uditorio. Infatti, coloro che, con il loro ingegno e la loro abilità professionale, sono stati capaci di creare innovazione e favorire il benessere di molte persone, possono dare un ulteriore contributo, mettendo la propria competenza al servizio di quanti sono tuttora nell’indigenza. Occorre, perciò, un rinnovato, profondo ed esteso senso di responsabilità da parte di tutti. «La vocazione di un imprenditore è – infatti – un nobile lavoro, sempre che si lasci interrogare da un significato più ampio della vita»(Evangelii gaudium, 203).

Messaggio del Santo Padre Francesco al Presidente Esecutivo del World Economic Forum in occasione del Meeting Annuale a Davos-Klosters (Svizzera), 17 gennaio

Sono convinto che a partire da tale apertura alla trascendenza potrebbe formarsi una nuova mentalità politica ed imprenditoriale, capace di guidare tutte le azioni economiche e finanziarie nell’ottica di un’etica veramente umana. La comunità imprenditoriale internazionale può contare su molti uomini e donne di grande onestà e integrità personale, il cui lavoro è ispirato e guidato da alti ideali di giustizia, generosità e preoccupazione per l’autentico sviluppo della famiglia umana. Vi esorto, perciò, ad attingere a queste grandi risorse morali e umane, e ad affrontare tale sfida con determinazione e con lungimiranza. Senza ignorare, naturalmente, la specificità scientifica e professionale di ogni contesto, vi chiedo di fare in modo che la ricchezza sia al servizio dell’umanità e non la governi.

Messaggio del Santo Padre Francesco al Presidente Esecutivo del World Economic Forum in occasione del Meeting Annuale a Davos-Klosters (Svizzera), 17 gennaio

La normalità della vita esige dal cristiano fedeltà alla sua elezione». Questa sua elezione non deve mai «venderla per andare verso una uniformità mondana: questa è la tentazione del popolo e anche la nostra».

Papa Francesco ha messo in guardia dalla tentazione di dimenticare «la parola di Dio, quello che ci dice il Signore» per rincorrere invece «la parola di moda». E ha commentato: «Anche quella della telenovela è di moda! Prendiamo quella: è più divertente!». Questo atteggiamento di «mondanità», ha precisato, «è più pericoloso perché è più sottile»; mentre «l’apostasia», cioè «proprio il peccato della rottura col Signore», si vede e si riconosce chiaramente.

Di più: dire che «saremo anche noi come tutti i popoli» rivela il fatto che essi «si sentivano con un certo complesso di inferiorità per non essere un popolo normale. E la tentazione è lì, è dire: noi sappiamo cosa dovremo fare, che il Signore stia tranquillo a casa sua!». Quello in fondo era il loro pensiero, che non si discosta «dal racconto del primo peccato», cioè dalla tentazione di prendere la propria strada e di sapere già da soli come «conoscere il bene e il male».

«La tentazione — ha scandito il Pontefice — indurisce il cuore. E quando il cuore è duro, quando il cuore non è aperto, la parola di Dio non può entrare». Non a caso Gesù ha detto «a quelli di Emmaus: stolti e tardi di cuore!»; avendo «il cuore duro, non potevano capire la parola di Dio».

Proprio «la mondanità ammorbidisce il cuore». Ma gli fa «male». Perché, ha notato il Papa, «non è mai una cosa buona il cuore morbido. Buono è il cuore aperto alla parola di Dio, che la riceve. Come la Madonna che meditava tutte queste cose in cuor suo, dice il Vangelo». Ecco dunque la priorità: «Ricevere la parola di Dio per non allontanarsi dall’elezione».

«Nella preghiera all’inizio della messa — ha ricordato il Pontefice — abbiamo chiesto la grazia di superare i nostri egoismi», in particolare quello di voler fare la propria volontà. Papa Francesco ha suggerito, in conclusione, di rinnovare al Signore la richiesta di questa grazia. E di invocare anche «la grazia della docilità spirituale, cioè di aprire il cuore alla parola di Dio». Per «non fare come questi nostri fratelli che hanno chiuso il cuore perché si erano allontanati da Dio e da tempo non sentivano e non capivano la parola di Dio». Che «il Signore ci dia la grazia — ha auspicato — di un cuore aperto per ricevere la parola di Dio», per «meditarla sempre» e per «prendere la vera strada».

Messa Santa Marta, 17 gennaio

L’obiettivo del pellegrinaggio è
il rinnovamento
dell’Alleanza d’Amore
nella sua forza plasmatrice e missionaria;
quella che si manifesterà – al di dentro di Schoenstatt
nel rinnovamento della famiglia, e al di fuori,
nella forgiatura di una Cultura d’Alleanza

Documento del Laboro 2014

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