Postato su 2014-12-01 In Francesco - messaggio

Il Papa chiede che la Chiesa cambi di mentalità e che rispetti la religiosità

FRANCESCO IN ROMA, VIS. Francesco ha ricevuto in udienza giovedì 27 novembre, nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico, i partecipanti della seconda parte del Congresso Internazionale della Pastorale delle Grandi Città, che si è celebrato in Barcellona (Spagna) dal 24 al 26 novembre. Il Santo Padre ha approfittato l’occasione per approfondire le quattro sfide e i possibili orizzonti della pastorale urbana, “i luoghi da dove Dio ci va chiamando, ha detto, e gli aspetti, a cui credo dobbiamo prestare speciale attenzione”.

Dotare di un cambiamento la mentalità pastorale

Anzitutto ha menzionato la necessità di “dotare di un cambiamento la mentalità pastorale” giacché non siamo più secondo il Pontefice nell’epoca della cristianità, in cui la Chiesa era l’unica riferente della cultura, e come autentica maestra, aveva la responsabilità di definire e di imporre non solo le maniere culturali, ma anche i valori.

Oggi non siamo più gli unici che producono cultura, né i primi, né i più ascoltati. Abbiamo pertanto bisogno di un cambiamento di mentalità pastorale, ma non di una “pastorale relativista” – no, questo no -che per voler essere presente nella “cucina culturale” perde l’orizzonte evangelico, lasciando l’uomo, affidato a sé stesso ed emancipato dalla mano di Dio. No, questo no. Questa è la strada relativista, la più comoda. Questo non si potrebbe chiamare pastorale! Chi fa così non ha vero interesse per l’uomo, ma lo lascia in balìa di due pericoli ugualmente gravi: gli nascondono Gesù e la verità sull’uomo stesso. E nascondere Gesù e la verità sull’uomo sono pericoli gravi! Strada che porta l’uomo alla solitudine della morte (cfrEvangelii Gaudium, 93-97). Occorre avere il coraggio di fare una pastorale evangelizzatrice audace e senza timori, perché l’uomo, la donna, le famiglie e i vari gruppi che abitano la città aspettano da noi, e ne hanno bisogno per la loro vita, la Buona Notizia che è Gesù e il suo Vangelo.”

Dialogo con la multiculturalità

Come seconda sfida ha rilevato “il dialogo con la multicultarilità” e la necessità di un dialogo pastorale senza relativismo, che non negozia la propria identità cristiana, ma che vuole arrivare al cuore degli altri, compresi quelli differenti a noi, e seminare lì il Vangelo “Abbiamo bisogno di un atteggiamento contemplativo, che senza rifiutare il contributo delle diverse scienze per imparare intorno al fenomeno urbano, cerca di scoprire il fondamento delle culture, che nel loro nucleo più profondo sono sempre aperte ed assetate di Dio”.

Francesco ha segnalato per superare questa sfida, che sarà di grande aiuto conoscere le città immaginarie ed invisibili, cioè, i gruppi o territori che si identificano nei loro simboli, linguaggi, riti e forme di parlare della vita.

La religiosità del popolo

“La religiosità del popolo” è stato il terzo punto da trattare. Nella religiosità del popolo dobbiamo accelerare l’autentico sostrato religioso, che in molti casi è cristiano e cattolico – ha proseguito Papa Francesco riconoscendo che in ogni continente è differente. Non dobbiamo né negare, né disprezzare questa esperienza di Dio, che, spesso si disperde o si mescola, chiede di essere scoperta e non costruita. Lì si trovano i semi della Parola seminata dallo Spirito del Signore.”

Gli emigranti e i poveri

Il Papa ha ricordato tutti gli emigranti e i poveri che riempiono le città. Li ha chiamati “i pellegrini della vita in cerca di salvezza”, che costituiscono una doppia sfida: Essere ospitali con loro, il che la città in generale non lo è, bensì li allontana, e aumentare la loro fede. Il tema dei “poveri urbani” è stato il quarto aspetto con il quale il Santo Padre ha concluso le sue riflessioni. Poveri, esclusi e scartati. “La Chiesa non può ignorare il loro grido, né fare parte dei sistemi ingiusti, meschini ed interessati che cercano di renderli invisibili”.

Due sono state le proposte di Francesco a queste quattro sfide:

  • Uscire per incontrare Dio, che vive nelle città e nei poveri, facilitando alla gente l’incontro con il Signore,

  • E lavorare per una Chiesa samaritana, “con una testimonianza concreta di misericordia e dolcezza presente nelle periferie esistenziali e i poveri, agendo direttamente sull’immaginario collettivo. Orientando e offrendo un significato alla vita della città”.

È arrivata l’ora dei Santuari di Schoenstatt nelle grandi città?


Originale: spagnolo. Traduzione: Maria Tedeschi. La Plata, Argentina

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