Postato su 2013-09-03 In Francesco - messaggio

Il cristiano cammina, si fa discepolo ed annuncia

org. Tutte le classi della Chiesa, e molte altre al di fuori, credenti o no, hanno ricevuto le sue parole chiare e piene di speranza, al contempo colme di motivazione, per assumere la responsabilità che tutti abbiamo di costruire un mondo secondo il volere di Dio, nella forza dello Spirito e per il sentiero di Cristo. I Cardinali e i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i novizi e i seminaristi, le famiglie, i giovani e gli anziani, le comunità e le istituzioni hanno ricevuto questa proposta di uscire “per la strada”, a portare non una speranza utopica, bensì fatti concreti, progetti evangelizzatori di vita all’uomo, ovunque si trovi, e se è nella “periferia”, lì stesso, con tutti i rischi e i pericoli che porta... Preferisco una Chiesa accidentata, perché esce a servire, che ammalata per essere chiusa in sé stessa, ci ripete costantemente. Tutto ciò si trova in Schoenstatt.org, dove si custodiscono di settimana in settimana testi che ci incitano ad andare in pellegrinaggio verso il Giubileo 2014. Indubbiamente essendo noi Chiesa, queste parole sono rivolte a noi. Come sarebbe contento il Padre con questo impulso missionario, che ci è regalato dal cuore stesso della Chiesa! (P. José María García)

SETTIMANA 36/2013

Per me ci sono tre parole che definiscono le persone e costituiscono un insieme di atteggiamenti, detto fra parentesi, io non so se li tengo, e che sono: permesso, grazie e perdono. La persona che non sa chiedere permesso, travolge e continua il suo cammino senza importarsi degli altri, come se gli altri non esistessero. Invece, chi chiede permesso è più umile, più socievole, più integrante. Che cosa dire di chi mai pronuncia la parola “grazie” o che nel suo cuore sente che non ha nulla da ringraziare a nessuno? C’è un proverbio che è ben eloquente: “chi è una persona nobile ringrazia”. La gratitudine è un fiore, che fiorisce nelle anime nobili. E finalmente, c’è gente che considera, che non deve mai chiedere scusa, perdono. Essi commettono il peggiore dei peccati: la superbia. Ed insisto, chi sente il bisogno di chiedere perdono ed ha sperimentato il perdono, può perdonare. A chi mancano queste tre parole, manca qualcosa alla sua esitenza. Sono stati potati prima del tempo o malamente potati dalla vita.

“Il Gesuita”. Conversazioni con Jorge Bergoglio, Buenos Aires 2010

Perché a me piace stare con i giovani? Perché voi avete dentro il vostro cuore una promessa di speranza. Voi siete portatori di speranza. Voi, è vero, vivete nel presente, ma, guardando il futuro… voi siete artefici di futuro, artigiani di futuro. Poi – e questa è la vostra gioia – è una cosa bella andare verso il futuro, con le illusioni, con tante cose belle – ed è anche la vostra responsabilità.

Al pellegrinaggio dei giovani della diocesi italiana di Piacenza-Bobbio, 28-8-2013

Diventare artigiani del futuro. Quando a me dicono: “Ma, Padre, che brutti tempi, questi… Guarda, non si può fare niente!”. Come non si può fare niente? E spiego che si può fare tanto! Ma quando un giovane mi dice: “Che brutti tempi, questi, Padre, non si può fare niente!” Mah! Lo mando dallo psichiatra! Perché, è vero, non si capisce! Non si capisce un giovane, un ragazzo, una ragazza, che non vogliano fare una cosa grande, scommettere su ideali grandi, grandi per il futuro. Poi faranno quello che possono, ma, la scommessa è per cose grandi e belle…”Coraggio, andate avanti, fate rumore. Dove sono i giovani deve esserci rumore. L’illusione di un giovane è fare rumore sempre.

Al pellegrinaggio dei giovani della diocesi italiana di Piacenza-Bobbio, 28-8-2013

In Agostino è proprio questa inquietudine del cuore che lo porta all’incontro personale con Cristo, lo porta a capire che quel Dio che cercava lontano da sé, è il Dio vicino ad ogni essere umano, il Dio vicino al nostro cuore, più intimo a noi di noi stessi. Ma anche nella scoperta e nell’incontro con Dio, Agostino non si ferma, non si adagia, non si chiude in se stesso come chi è già arrivato, ma continua il cammino. L’inquietudine della ricerca della verità, della ricerca di Dio, diventa l’inquietudine di conoscerlo sempre di più e di uscire da se stesso per farlo conoscere agli altri. E’ proprio l’inquietudine dell’amore. Vorrebbe una vita tranquilla di studio e di preghiera, ma Dio lo chiama ad essere Pastore ad Ippona, in un momento difficile, con una comunità divisa e la guerra alle porte. E Agostino si lascia inquietare da Dio, non si stanca di annunciarlo, di evangelizzare con coraggio, senza timore, cerca di essere immagine di Gesù Buon Pastore che conosce le sue pecore (cfr Gv 10,14), anzi, come amo ripetere, che ‘sente l’odore del suo gregge’ ed esce a cercare quelle smarrite.

Apertura del Capitolo Generale degli Agostiniani

Agostino vive quello che san Paolo indica a Timoteo e a ciascuno di noi: annuncia la parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, annuncia il Vangelo con il cuore magnanimo, grande (cfr 2 Tm 4,2) di un Pastore che è inquieto per le sue pecore. Il tesoro di Agostino è proprio questo atteggiamento: uscire sempre verso Dio, uscire sempre verso il gregge… è un uomo in tensione con queste due uscite … non ‘privatizzare’ l’amore… sempre in cammino! Sempre inquieto! E questa è la pace dell’inquietudine. Possiamo domandarci: sono inquieto per Dio, per annunciarlo, per farlo conoscere? O mi lascio affascinare da quella mondanità spirituale che spinge a fare tutto per amore di se stessi? Noi consacrati pensiamo agli interessi personali, al funzionalismo delle opere, al carrierismo … mah, tante cose possiamo pensare … Mi sono per così dire ‘accomodato’ nella mia vita cristiana, nella mia vita sacerdotale, nella mia vita religiosa, anche nella mia vita di comunità, o conservo la forza dell’inquietudine per Dio, per la sua Parola, che mi porta ad ‘andare fuori’, verso gli altri?.

Apertura del Capitolo Generale degli Agostiniani

Ecco, allora, l’inquietudine dell’amore: cercare sempre, senza sosta, il bene dell’altro, della persona amata, con quella intensità che porta anche alle lacrime. Mi vengono in mente Gesù che piange davanti al sepolcro dell’amico Lazzaro, Pietro che, dopo aver rinnegato Gesù ne incontra lo sguardo ricco di misericordia e di amore e piange amaramente, il Padre che attende sulla terrazza il ritorno del figlio e quando è ancora lontano gli corre incontro; mi viene in mente la Vergine Maria che con amore segue il Figlio Gesù fino alla Croce. Come siamo con l’inquietudine dell’amore? Crediamo nell’amore a Dio e agli altri o siamo nominalisti in questo? Non in modo astratto, non solo le parole, ma il fratello concreto che incontriamo, il fratello che ci sta accanto! Ci lasciamo inquietare dalle loro necessità o rimaniamo chiusi in noi stessi, nelle nostre comunità, che molte volte è per noi ‘comunità-comodità’? A volte si può vivere in un condominio senza conoscere chi ci vive accanto; oppure si può essere in comunità, senza conoscere veramente il proprio confratello: con dolore penso ai consacrati che non sono fecondi, che sono ‘zitelloni’. L’inquietudine dell’amore spinge sempre ad andare incontro all’altro, senza aspettare che sia l’altro a manifestare il suo bisogno.L’inquietudine dell’amore ci regala il dono della fecondità pastorale, e noi dobbiamo domandarci – ognuno di noi – come va la mia fecondità spirituale, la mia fecondità pastorale?

Apertura del Capitolo Generale degli Agostiniani

L’obiettivo del pellegrinaggio è
il rinnovamento dell’Alleanza d’Amore
nella sua forza plasmatrice e missionaria;
quella che si manifesterà – al di dentro di Schoenstatt
nel rinnovamento della famiglia, e al di fuori,
nella forgiatura di una Cultura d’Alleanza.

Traduzione: Maria Tedeschi, La Plata, Argentina

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