Postato su 2015-07-06 In Riflessioni e opinioni

Cordialità

P. Guillermo Carmona, direttore Nazionale del Movimento di Schoenstatt in Argentina •

La “vicinanza” e la “cortesia” sono necessari per andare all’incontro. Ma anche lo è la “cordialità”. La parola deriva dal latino, “cor- cordis”, “cuore- del cuore”, parla di qualcosa che scorre da dentro, non è semplice esperienza, né buone maniere, bensì affetto sincero per gli altri. La vera cordialità ha una sola intenzione: trasmettere gioia ai fratelli. Tutto sorge dal cuore e al cuore ritorna.

La cordialità si impara soprattutto in casa. Sono i genitori coloro che insegnano a salutare e a ringraziare, a condividere, a cedere e ad offrire. La scuola completa ciò che è stato insegnato e dovrebbe affermarlo… Il nostro tema annuale: “In Alleanza andiamo all’incontro” ci aiuta ad assumerlo più seriamente.

Non si tratta di grandi teorie, ma di cose semplici: cedere il passo quando camminiamo o guidiamo; rispettare i segnali del transito, dire “buon giorno” con un sorriso, ascoltare attentamente e trattare di percepire la necessità dell’altro. Non è importante solo la parola, ma anche il tono e il calore con cui si parla: può comunicare cordialità o distanza.

Gli investigatori del linguaggio studiano il grado di affetto delle parole, compreso di quelle che significano lo stesso. Sono interessanti gli aggettivi che li accompagnano: tra dire “bambina” o “mia bambina”, ad esempio c’è molta differenza, un semplice “mi” ha riempito di tenerezza l’espressione. Perciò è bene inserire nella rutina quotidiana un vocabolario cordiale, ed usare toni amabili, positivi, che stimolano. Si tratta di andare all’incontro e farlo bene.

La sincerità e la franchezza sono essenziali per farlo con il cuore. Può essere che nella cultura ci sia l’idea che la cordialità e la disciplina siano realtà contrapposte. Ma la cordialità non deve essere in contrasto alla rettitudine. Essere deciso e essere cordiale formano contrasto, ma si arricchiscono mutuamente: “essere cortese non toglie ciò che è coraggioso”

La cordialità ci apre porte per arrivare agli altri, offre buone opportunità per parlare di tema “seri” e apostolici. Gli specialisti dicono che le persone cordiali sono normalmente calde, e amichevoli, hanno una visione ottimista dell’uomo e, in generale, possono influire bene sugli altri. Invece le persone poco affabili pensano prima ai propri interessi, sono distanti, antipatiche e poco collaboratrici.

Senza la cordialità l’umanità non ci sarebbe, l’animale non si sarebbe “addomesticato”. Il che sostiene il nuovo mondo è il cuore interessato per il fratello, specialmente per il fratello vulnerabile. Un gran santo, Camillo di Lellis, sacerdote italiano, fondatore di un ordine lavorando negli ospedali e precursore della Croce Rossa chiedeva ai suoi compagni “lavorare con il cuore in mano”. La freddezza, indifferenza e considerare semplicemente la “parte rituale” della pastorale priva ogni personalità e toglie la fiducia nell’impegno dei fedeli. E anche degli schoenstattiani.

Maria e noi nell’Alleanza d’ d’Amore che rinnoviamo ogni 18, consegniamo il cuore. La “sua cordialità” ci permette superare la tristezza e il pessimismo e crescere. Secondo il pensiero di Padre Kentenich: il cuore è sede degli affetti, dei ricordi, dei pensieri, dei progetti e decisioni. È la sede delle scelte decisive, della legge non scritta, dell’amore. Se quel cuore è abitato da Maria, si trova più in pace e in armonia.

La cordialità è forse una delle parole che meglio esprime l’affetto che Maria ha per noi: ascolta la nostra supplica, e si rende presente –in nome di Gesù-, per darci vita. Non è apatico; come Donna e Madre di coloro che dimostrano la massima debolezza: poveri, ammalati, donne, bambini e peccatori. Cioè tutti noi.

Maria dell’Alleanza avvicina e sensibilizza il Dio Onnipresente: “È apparsa la tenerezza di Dio e il suo amore per l’uomo” (Tito 3, 4). Questa sicurezza che tanto si attualizza per Natale, dovremmo ricordarla tutto l’anno. È il Dio che s’incarna per entrare in dialogo, regalando molto amore e la sua tenerezza.

Heinrich Böll, premio Nobel de la letteratura 1972, accusò i cattolici: “Il che ha mancato finora ai messaggeri del cristianesimo di tutte le epoche è la tenerezza e la cordialità”. Possiamo discutere la verità de la sua affermazione, ma non spetta a noi: la vogliamo fare sempre presente con parole e gesti. Così come la tenerezza di Dio è gli per ciascuno di noi, senza pregiudizi e né discussioni, così la regaliamo agli altri… Andare all’incontro per essere con loro e per loro evangelizzatori de la tenerezza di Dio. Grazie, Madre e Regina: Tu, “vita, dolcezza e speranza nostra, Dio ti salvi.”

 

Originale: spagnolo. Traduzione: Maria Tedeschi, La Plata, Argentina

 

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