Postato su 2019-03-31 In Sinodo 18

“I giovani vogliono affermare la dignità intrinseca del lavoro”

COSTA RICA, Maria Fischer, José Alejandro Martínez •

Cosa fa il Segretario Generale del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita il giorno del suo compleanno? Padre Alexandre Awi de Mello ha compiuto 48 anni il 17 gennaio 2019 e la sua giornata è cominciata viaggiando da Panama in Costa Rica, perché desiderava celebrare il 18 con la “sua” Gioventù Maschile del Brasile (la stessa di cui è stato Assessore per molti anni), e con il resto della gioventù schoenstattiana del mondo, che era riunita in quei giorni in Costa Rica per partecipare all’Incontro Internazionale della Gioventù di Schoenstatt prima della GMG. Tra le altre attività programmate, in cima alla sua agenda aveva una conferenza sul tema del lavoro e della vocazione, che sarà il punto centrale di questo articolo. E poiché non poteva essere altrimenti, P. Alexandre ha deciso di offrire alcuni input del suo discorso partendo dall’esperienza che ha vissuto al Sinodo dei Vescovi su “I Giovani, la Fede e il Discernimento Vocazionale”, svoltosi lo scorso ottobre 2018.—

È stato davvero un intervento eccezionale, sulla base della documentazione raccolta dal Dicastero durante la Riunione Pre-sinodale dei giovani di tutto il mondo, che si è tenuta prima del suddetto Sinodo (e che faceva parte di quel cammino di preparazione al Sinodo stesso), nonché del documento finale che è scaturito dal Sinodo. La conferenza di P. Alexandre ha risposto all’invito e all’iniziativa dei ramo dei Giovani Professionisti del Costa Rica (maschile e femminile), che hanno voluto saperne un po’ di più dei pensieri e delle impressioni di P. Alexandre su ciò che la Chiesa si aspetta dai giovani professionisti cattolici nel mondo di oggi (secondo le esperienze maturate al Dicastero, al Sinodo e nel mondo del lavoro).

All’incontro erano presenti la gran parte delle 50 giovani professioniste attive nel ramo delle Giovani Professioniste costaricensi, oltre ad alcuni dei membri e dei responsabili che compongono i 4 gruppi del ramo maschile dei Giovani Professionisti. Allo stesso modo hanno partecipato un buon numero di coppie dell’Istituto delle Famiglie, alcuni giovani professionisti di altri Paesi che si trovavano in Costa Rica a motivo dell’Incontro Internazionale, e altri che erano interessati (tra questi, una giovane giornalista del giornale costaricense Eco Católico, che aveva intervistato P. Alexandre poche ore prima). Va ricordato, infatti, che P. Alexandre era già stato coinvolto nel processo di preparazione del Sinodo prima della sua nomina al Dicastero, e ha partecipato sia al Pre-sinodale che al Sinodo stesso. Faceva anche parte della commissione di collegamento del Vaticano con l’arcidiocesi di Panama per i preparativi della GMG, per cui la sua visita in Costa Rica non è passata inosservata, né alle autorità ecclesiastiche locali, né ai media cattolici di quel Paese. Così, quando la giovane giornalista è venuta a sapere della conferenza, ha mostrato subito il suo interesse a partecipare, e P. Alexandre ha risposto con un caloroso invito.

Lavoro e vocazione – partendo dalla propia esperienza

Quale modo migliore per introdurre il tema del lavoro e della vocazione, il lavoro come vocazione, vivere la propria vocazione personale nel lavoro… Che raccontare la propria storia di ricerca e discernimento!? È stato proprio quello che ha fatto P. Alexandre quando si è presentato come “padre, sacerdote, padre di Schoenstatt, sempre”. Ha detto che sono passati già 17 anni e mezzo dalla sua ordinazione sacerdotale, e quasi tutti trascorsi nel servizio ai giovani. Curiosamente, non ha iniziato la sua vita professionale come sacerdote, ma nella Marina dell’Esercito Brasiliano, dove, secondo quanto ha raccontato, si sentiva sempre a suo agio, poiché gli piaceva quel mondo dove prevalevano la disciplina, l’ordine e il rispetto. Ed è stato proprio in quel mondo che si è incontrato più profondamente con la fede, collaborando con altri ragazzi nella cappella del Collegio Navale. Ha anche raccontato che venivano scherzosamente chiamati i “capeletes”, perché erano i giovani che, nello spirito autentico di ciascuno di loro, rimasero sempre saldi nell’offrire il loro aiuto e assistenza nella cappella. “A poco a poco e inaspettatamente – ha raccontato, mentre si notava chiaramente che il pubblico seguiva con grande interesse la sua storia di discernimento – mi sentivo più soddisfatto, più pieno e felice nel mio lavoro in cappella che nelle mie funzioni nella Marina”. Fu così che, circa due anni prima di poter uscire dal Collegio con il grado di Ufficiale, sentì una chiamata nel suo cuore che lo portò a lasciare la carriera militare, per fare un discernimento più profondo della sua vocazione e verificare così se dovesse entrare in seminario. Poco dopo terminò la relazione con la ragazza che aveva in Brasile e decise di recarsi in Cile per conoscere meglio la gioventù e la spiritualità di Schoenstatt, che aveva conosciuto attraverso il cappellano del Collegio Navale (che era un Padre Diocesano di Schoenstatt che aveva costruito un’Edicola della Mater nella cappella che frequentava). Mentre era in Cile, continuava il suo processo di discernimento, un processo che sicuramente non è avvenuto da un giorno all’altro. Ha persino ricominciato una relazione di coppia, che ha dovuto terminare una volta raggiunta la convinzione totale che la sua missione non era lavorare in Marina, né sposarsi e formare una famiglia, ma portare Dio e parlare di Dio alla gente, essere sacerdote e mettersi al servizio del Movimento di Schoenstatt. Questo lo ha portato alla fine ad entrare nel Noviziato dei Padri di Schoenstatt.

 

Da allora ha terminato gli studi nei seminari dell’Istituto dei Padri di Schoenstatt, ha lavorato per un anno in parrocchia, e poi ha cominciato il suo lavoro con la Gioventù del Movimento in Brasile, una missione che gli ha fatto percepire in tutto questo tempo di stare nel posto giusto, e che si è sviluppato professionalmente e spiritualmente secondo il modo in cui ha sempre sognato di vivere la sua vocazione. Lavorava quasi sempre e soltanto con la Gioventù di Schoenstatt, fino a quando, grazie ad alcuni incontri ecclesiali ad Aparecida (nell’ambito della V Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano, nel maggio del 2007, a cui partecipava anche l’allora Cardinale Bergoglio), la sua vita ha cominciato a prendere una svolta diversa. Provvidenzialmente, all’ombra di quel Santuario mariano, P. Alexandre ha stabilito un rapporto personale di amicizia con un altro sacerdote (P. Jorge, come amava essere chiamato), con il quale ha continuato a mantenere una corrispondenza continua. Più tardi, proprio nel 2013, ha incontrato di nuovo Papa Francesco alla GMG celebrata in quell’anno nella sua città natale, Rio de Janeiro. Fu lì che questa amicizia si consolidò ancora di più. A causa di questa vicinanza, Francesco decise di chiamarlo a lavorare con lui in Vaticano e ad assumere l’incarico di Segretario Generale del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, compito che svolge a Roma dal giugno 2017 e per il quale nello scorso mese di gennaio è stato a Panama.

 

Gesù è la risposta – ma chi è che ce lo sta chiedendo?

“Gesù è la risposta – ma chi è che ce lo sta chiedendo?” Con questa frase, molto semplice a prima vista, P. Alexandre mostra il cambiamento copernicano operato nella Chiesa durante la preparazione e lo sviluppo del Sinodo sui Giovani. “La Chiesa sa dare risposte e le ha”, spiega padre Alexandre. Ma questa volta, a differenza di quasi tutte le occasioni precedenti, ha deciso di iniziare a preparare il tema che sarebbe stato trattato nel Sinodo, stabilendo una fase preliminare di ascolto attento di quanto i giovani stessi hanno detto, chiesto e interrogato, consultandosi e interrogandosi durante la Riunione Pre-sinodale. “Tutto è iniziato e si è sviluppato interrogando gli stessi giovani… Mai prima d’ora c’era stato un processo di ascolto come questo”, ha detto.

Come ha fatto P. Alexandre nel suo discorso in quella fredda notte di gennaio in Costa Rica, riportiamo qui il testo del Documento Finale della Riunione Pre-sinodale dei giovani sui temi del lavoro, della giustizia sociale e della costruzione di un mondo più giusto e solidale.

I giovani e il futuro

I giovani sognano sicurezza, stabilità e realizzazione personale. Molti sperano in una vita migliore per la loro famiglia. In molte parti del mondo questo significa cercare la sicurezza per la propria persona; per altri questo significa più specificatamente trovare un buon lavoro e uno stile di vita ben definito. Un sogno condiviso che attraversa Continenti e oceani è quello di trovare un posto a cui il giovane può sentirsi di appartenere.

Sogniamo di avere maggiori opportunità, in una società che sia coerente e si fidi di noi. Cerchiamo di essere ascoltati e non solamente di essere spettatori nella società, ma partecipanti attivi. Cerchiamo una Chiesa che ci aiuti a trovare la nostra vocazione, in tutti i suoi significati. Inoltre, purtroppo, non tutti crediamo che la santità sia qualcosa di raggiungibile e che sia una via verso la felicità. Abbiamo bisogno di rivitalizzare quel senso di comunità che ci conduca ad un vero sentimento di appartenenza.

Alcune preoccupazioni pratiche rendono difficile la nostra vita. Molti giovani hanno sperimentato grandi traumi in una varietà di modi. Molti altri soffrono sotto il peso di disagi psichici e disabilità fisiche. La Chiesa deve sostenerci meglio e provvedere risorse idonee ad assisterci nel nostro itinerario di guarigione. In alcune parti del mondo l’unica via per ottenere un futuro sicuro prevede un’istruzione di livello superiore o un lavoro duro ed estenuante. Se da un lato questo è uno standard comunemente approvato, dall’altro occorre dire che non è sempre possibile attuarlo per una serie di circostanze in cui i giovani si trovano. Questa concezione di vita è un modello dominante e di conseguenza ha influenzato la nostra comprensione del significato del lavoro. A dispetto di questa realtà, i giovani vogliono affermare la dignità intrinseca del lavoro. A volte, finiamo per rinunciare ai nostri sogni. Abbiamo troppa paura, e alcuni di noi hanno smesso di sognare. Ciò è legato alle molteplici pressioni socio-economiche che possono inaridire la speranza tra i giovani. A volte non abbiamo neanche più l’opportunità di continuare a sognare.

Per questa ragione i giovani cercano di impegnarsi ad affrontare le problematiche di giustizia sociale dei nostri tempi. Cerchiamo l’opportunità di lavorare per costruire un mondo migliore. A tal proposito, la Dottrina Sociale della Chiesa Cattolica si configura come uno strumento privilegiato di informazione per i giovani cattolici che vogliano anche perseguire questa vocazione. Vogliamo un mondo di pace, che sia in grado di armonizzare un’ecologia integrale con un’economia globale sostenibile. I giovani che vivono in regioni del mondo instabili e vulnerabili sperano ed attendono azioni concrete da parte dei governi e della società: mettere fine ai conflitti e alla corruzione, occuparsi dei cambiamenti climatici, delle disuguaglianze sociali e della sicurezza. È importante tenere presente che, indipendentemente dal contesto, tutti condividiamo la stessa aspirazione innata per ideali nobili: pace, amore, fiducia, equità, libertà e giustizia.

I giovani sognano una vita migliore, ma molti sono obbligati a emigrare per trovare migliori condizioni economiche e ambientali. Aspirano alla pace, e sono in particolar modo attratti dal “mito dell’Occidente”, così come è rappresentato dai media. I giovani africani sognano una Chiesa locale autonoma, che non richieda aiuti che alimentano la dipendenza, ma sia una collaboratrice vivificante per le sue comunità. Nonostante i tanti conflitti e le periodiche esplosioni di violenza, i giovani continuano a sperare. In molti Paesi occidentali i loro sogni sono centrati sullo sviluppo personale e la realizzazione di sé.

In molti luoghi esiste un ampio divario fra i desideri dei giovani e la loro capacità di prendere decisioni a lungo termine.

 

P. Alexandre, José Alejandro Martínez

Vivere la mia scelta professionale come vocazione

Infine, in una conversazione molto vivace e spontanea, animata dalle domande dei giovani professionisti a P. Alexandre, si è creata un’atmosfera piena di calore, buone vibrazioni e, soprattutto, di Grazia: esperienze personali, consigli, vita condivisa e vita generata attraverso questa cultura dell’incontro, questo spirito sinodale di “accompagnamento reciproco” che P. Alexandre incarna così bene e che mettono in comune il Papa e il nostro amato PJK. Al termine della serata, P. Alexandre ha incoraggiato tutti i presenti a vivere la propria scelta professionale come vocazione e a chiedersi: “Dove posso sviluppare maggiormente i miei talenti al servizio del Regno di Dio? Perché i miei talenti e i miei desideri sono guida al mio discernimento, e perché io, con i talenti che il Signore mi ha dato e con quelli che non mi ha dato, sono una missione di Dio su questa terra, e i giovani, e non solo loro, vogliono affermare la dignità intrinseca del lavoro”.

 

Documento finale della Riunione Pre-sinodale dei giovani

Fotos: José Alejandro Martínez, Maria Fischer

 

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