mujer

Postato su 2020-11-22 In Kentenich, Riflessioni e opinioni

L’immagine della donna

di María Rosario Zamora, Cile •

Quando rileggo le accuse di abusi contro le donne religiose, il conflitto che nasce in me riguarda il modello di donna sotto il quale sono state create le nostre istituzioni in contrapposizione al modello egualitario che vogliamo costruire oggi. Queste forme di abuso, che oggi le donne denunciano in tutto il mondo, sono il risultato di un’immagine delle donne che non è estranea alla Chiesa cattolica. Grazie ai movimenti femministi, oggi possiamo metterlo in discussione e riflettere sugli eventi passati e presenti.—

Le donne nel corso del tempo

[“Torniamo indietro nella storia dell’umanità alla ricerca della “silhouette” delle donne, nelle diverse epoche della Terra. Più ci addentriamo nell’antichità, più la troveremo umiliata e degradata. La sua aggressività sta compiendo la stessa marcia di civiltà; mentre la luce del progresso si irradia sempre più potente sul nostro globo, lei, nel suo fardello, si eleva sempre più.

E, come la luce si fa nelle intelligenze, si comprende la sua missione e il suo valore; oggi non è più la schiava di ieri, ma compagna alla pari. Per la sua primitiva umiliazione, ha già conquistato abbastanza, ma ha ancora molto da esplorare per cantare una canzone di vittoria”.  Gabriela Mistral, 1906, La voz de Elqui.

Paradossalmente, il modello di donna che vogliamo cambiare ci ha fatto sentire discriminate come gruppo minoritario, anche se in realtà siamo la metà dell’umanità. Ed è in questo contesto che capisco meglio la parola “patriarcato”, parola che viene gridata da ogni angolo del pianeta per ottenerne l’eliminazione dalla nostra società in tutte le sue possibili espressioni e manifestazioni.

Dobbiamo riflettere con urgenza su questo: se le fondamenta delle nostre istituzioni sono sbagliate, a causa dell’immagine sbagliata delle donne su cui sono state fondate. Questo ci porta ad analizzare il trattamento delle donne nella Chiesa nel corso dei secoli. Purtroppo, vediamo nei fatti che siamo state relegate in una seconda categoria. Nell’antichità le donne venivano date in decima alla Chiesa dalla loro stessa famiglia (Sant’Ildegarda di Bingen, 1098-1179), sposate con la forza e subordinate agli uomini, e infine considerate utili soprattutto o solo per la procreazione e il lavoro domestico.

Lo dice già Santa Teresa d’Avila:

Non è sufficiente, Signore, che il mondo ci abbia messo all’angolo… che non facciamo niente di utile per Te in pubblico, né osiamo dire alcune verità che piangiamo in segreto, ma non dovresti sentire una richiesta così giusta. Non credo, Signore, della tua bontà e della tua giustizia, che tu sia un giudice giusto e non come i giudici del mondo, che – essendo figli di Adamo e, insomma, di tutti gli uomini – non c’è virtù di una donna che non abbia come sospetto” (Via della perfezione, capitolo 3).

Il sospetto contro Eva

Questa diffidenza e questo sospetto rispondono sempre ad una paura nei confronti della ricchezza delle donne: della loro capacità di pensare e riflettere, che spesso si oppone a quella degli uomini, e anche della loro sessualità, perché la maggior parte delle forme di dominio sulle donne si manifesta in attacchi contro di loro in questo specifico ambito (abusi sessuali, stupri, ecc.). E, se non per tutto ciò, almeno per nasconderle, in quanto considerate cattive o perverse, come dimostrano i vestiti o il posto che le donne occupano davanti al sacro. Questo mette in evidenza un’esperienza primitiva di sacralità legata all’energia sessuale; le cose o le persone con tale energia devono essere controllate, limitate. La spiegazione di questa paura sarebbe nella percezione che le donne hanno il potere di dare la vita (Maria Teresa Porcile Santiso, La mujer, espacio de Salvación. La Misión de la Mujer en la Iglesia, una perspectiva antropológica, 1991).

Questo pensiero è legato all’immagine di Eva, la prima donna della Bibbia. In una delle accuse che oggi conosciamo grazie alle indagini di Alexandra von Teuffenbach, suor Mariosa sottolinea: “Quando si rese conto di quanto fosse difficile per me [soddisfare le sue richieste] e mentre ero ancora sotto il tavolo, mi distrusse moralmente: mi insultò dicendomi quanto fossi sporca e depravata, che meritavo di essere picchiata, che ero una Eva orribile, che dovevo essere rinchiusa, e molte altre cose che ora, trent’anni dopo, non ricordo esattamente”[1].

Ignorando profondamente questo atteggiamento disumanizzante e provocatore di rabbia, mi sorge di nuovo una domanda: perché la prima donna Eva è associata a caratteristiche negative? Perché non è un modello di donna? Ricordo un aneddoto di gioventù, quando andavamo con altre giovani donne in un campo del movimento, e durante un’attività venivano ritagliate figure di donne da alcune riviste (tutte modelle o attrici) e le gettavano nel fuoco con lo slogan: “Uccidi la tua Eva!

Queste parole negative “sei una Eva” volevano indicare il contrasto con la donna ideale, ed era sottinteso che le sue caratteristiche tendono solo al peccato, riducendo così la donna “ordinaria” a un essere cattivo e spregevole.

Penso che dovremmo ripensare questa idea, valorizzando quella presunta prima donna che ha vissuto pienamente le gioie e le difficoltà della vita, che ha commesso errori e sofferto, ma che ha affrontato anche tante tribolazioni e ha dovuto vivere pienamente sulla terra, con tutto ciò che comporta. Riconoscere che la donna diminuisce le nostre aspettative di perfezione e ci mette a confronto con la nostra realtà che si muove tra il successo e il fallimento.

Ammiro poi quelle donne vere, quelle donne che, nonostante tutti i pregiudizi e il dolore, e avendo subito un’esperienza di spregevoli maltrattamenti e abusi, sono riuscite ad essere fedeli alla loro coscienza e alla loro vocazione, evidenziando chiaramente l’errore di colui che si è chiamato “Padre”. Apprezzo quindi la galanteria e lo spirito di lotta di coloro che, essendo fedeli alle loro convinzioni, hanno fondato una comunità religiosa e vi hanno servito fino alla fine dei loro giorni.

Lasciate che emerga una nuova immagine della donna

Mi chiedo ancora una volta: su quale modello di donna si fonda questo movimento? È triste rivedere i casi che abbiamo conosciuto ultimamente. Ecco perché non possiamo fermarci al pensiero del XX secolo. Al contrario, dobbiamo andare avanti. È necessario chiedersi come tratteremo le donne di fronte a ciò che conosciamo oggi, poiché quando c’è una sottomissione abitualmente accettata come “destino delle donne” o come “volontà di Dio”, questa finisce per manifestarsi nell’accettazione dell’abuso e del potere sessuale, e nell’obbedienza cieca.

Con questo punto di vista che abbiamo naturalizzato nel corso della nostra vita, ci siamo giudicate inferiori all’uomo, senza riconoscere le nostre possibilità o i nostri valori e, quindi, senza assumerci la nostra responsabilità nella costruzione della nostra società e della nostra Chiesa. Così adottiamo inconsciamente atteggiamenti infantili come “chiedere il permesso”; soffriamo la paura di essere abbandonate, picchiate, lasciate senza protezione, senza sostegno. Ci sentiamo inferiori, più deboli, e accettiamo, con fatalismo, punizioni fisiche e psicologiche.

Oggi le donne alzano la voce e il pensiero nel mondo, rifiutando tutte queste forme di abuso. Come donne cristiane non possiamo rimanere in silenzio di fronte a questa realtà. Dobbiamo pensare e rivedere il nostro io interiore e chiederci se possiamo presentare nuovi modi di essere donna o se vogliamo solo rimanere critiche.

Credo che, in questo momento, si debba cercare un modello mariano attuale, passando dal modello del silenzio di Maria al modello della parola di Maria, poiché il modello mariano può essere veicolo sia di una visione subordinata della donna, sia di una visione liberata e liberatrice, secondo la canonizzazione di certi atteggiamenti femminili (Virginia Azcuy, Reencontrar a María como modelo. Interpelación feminista a la mariología actual, p. 166).

In questo modo guardiamo al Vangelo. Alle Nozze di Cana (Gv 2,1-12) è Maria che presenta il Salvatore, è Lei che vede il bisogno e l’angoscia che deve essere stata avvertita da chi ha organizzato la festa ed è in grado di entrare in empatia con le difficoltà della vita quotidiana. Dice al figlio “non hanno più vino” e, nonostante il suo iniziale rifiuto, chiama i servi nella fede e ordina loro “Fate quello che vi dirà”, e finalmente avviene il miracolo che dà inizio alla vita pubblica di Gesù. Questo è il modello della donna che ci identifica e ci incoraggia ad andare avanti.

 

­­­


María Rosario Zamora, chilena, avvocato, professore della Facoltà di Diritto, membro della Federazione delle Famiglie di Schoenstatt.

 

 

 

 

 

[1] http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2020/11/02/%e2%80%9cme-decia-que-apoyara-mi-rostro-en-su-regazo%e2%80%9d-el-fundador-de-schonstatt-educaba-asi-a-sus-religiosas/

Originale: Spagnolo. Traduzione: Alessia Lullo, Roma, Italia

 

Tags: , , , , , ,

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *