Postato su 2020-07-08 In Kentenich

Si sapeva? Cosa si sapeva? Cosa si può fare?

Ignacio Serrano del Pozo, Chile •

Le recenti informazioni fornite dal giornale tedesco Tagespost, che si riferiscono alle ricerche della teologa e storica Alexandra von Teuffenbach, hanno lasciato una gran parte degli schoenstattiani confusi e scoraggiati.  L’analisi effettuata nell’archivio del pontificato di Pio XII in Vaticano conterrebbe molto materiale sulla Visita di p. Sebastian Tromp e in questo si troverebbero – secondo von Teuffenbach – note sulle conversazioni del gesuita olandese con p. Josef Kentenich, come pure lettere di rappresentanti della comunità delle Sorelle di Maria.  Tra queste, spicca tristemente una lettera indirizzata alla Superiora generale, che registra un presunto abuso sessuale da parte del fondatore contro una delle Sorelle

Come previsto, i massimi rappresentanti del Movimento di Schoenstatt hanno subito invocato la calma in mezzo a questo terremoto. Tuttavia, e purtroppo, mi sembra che sia la dichiarazione della Presidenza internazionale di Schoenstatt firmata da p. Juan Pablo Catoggio, sia la reazione di p. Eduardo Aguirre, postulatore della causa di beatificazione di p. Kentenich, imboccano una via d’uscita equivoca.  In primo luogo, perché basano la loro argomentazione sul semplice fatto che si tratterebbe di situazioni note (“è noto”, “era noto”), e riconosciute come causa dell’esilio del fondatore; ma anche, in secondo luogo, perché insistono nel commettere un errore che si è sostenuto a lungo nel bel mezzo della crisi all’interno della Chiesa, come quello di lasciare nella nebulosa il generico termine “abusi”, senza specificare se si tratti di un’accusa di abuso di autorità, di coscienza o di natura sessuale.

Chi lo sapeva e cosa si sapeva esattamente?

Quando si sostiene che le accuse contro Josef Kentenich non sono nuove, poiché “erano note”, ci si può sempre chiedere chi sapeva e cosa si sapeva esattamente. Ogni schoenstattiano più o meno informato conosce la storia del conflitto che Kentenich ha avuto con il vescovo ausiliare di Treviri, Bernhard Stein, e più tardi con Sebastian Tromp come Visitatore apostolico del Sant’Uffizio: entrambi misero in discussione i metodi pedagogici di Kentenich e il rapporto di dipendenza servile che la Famiglia del padre causava (a loro parere) in alcune Sorelle di Maria.

Ma la polemica è stata sempre presentata più che altro come una mancanza di comprensione da parte della Chiesa verso il carisma di Schoenstatt, verso il principio di paternità e della profondità dei vincoli.

Non sappiamo molto di più e non abbiamo modo di saperne di più. Infatti, se ci si prende la briga di leggere la ricerca che Matthia Amrhein e M. Thomasine Treese hanno condotto nel 2015 sulle “cause dell’esilio di P. Kentenich”, o l’intervista che P. Angel Strada (ex-postulatore della causa) ha rilasciato l’anno scorso per il libro Dopo il 31 maggio, in nessuno di questi scritti la questione dell’abuso appare come il principale fattore scatenante dell’esilio. Certamente, si può sempre sottolineare che l’oggetto di un’accusa di abuso è estremamente delicato da esporre alla Famiglia in un documento pubblico, il che però non cessa di essere vero.  Ma poi, quando si dice che “le accuse di abuso sono note da molto tempo”, va detto che solo un’élite molto ristretta ne era a conoscenza e lo ha tenuto segreto.  E anche se così fosse, e se ci fossero buoni motivi per mantenerla in quella cerchia privata, dovrebbe essere chiaro che è molto diverso essere a conoscenza di una voce o di una storia, piuttosto che mostrare al pubblico che c’è una testimonianza documentata negli Archivi vaticani di una donna che si è sentita maltrattata da Joseph Kentenich. Dubito che si sapesse. Ora lo sappiamo e dovremmo occuparcene.

Cosa si sapeva?

È più complicato sapere cosa si sapeva. Nell’inchiesta di Alexandra von Teuffenbach, rispettata professoressa di un ateneo di Roma, non si parla solo di abusi. Le accuse sono più concrete e quindi più terribili. Espone – secondo i documenti di Tromp – che le Sorelle di Maria avevano l’obbligo di confessarsi al fondatore e che i Padri Pallottini avevano spiegato gli abusi sessuali commessi da Kentenich (e negati all’inizio) come il modo in cui egli doveva risolvere le tensioni sessuali delle sue figlie spirituali attraverso il “metodo della psicologia profonda”.  Forse non c’è neanche bisogno di dirlo, ma non ho dubbi che qui c’è un orribile errore e una diabolica confusione.  Il punto è che per qualche motivo che non possiamo vedere, un gruppo di Sorelle di Maria ha fatto queste accuse contro il proprio padre. E dunque, bisogna riconoscere che la punizione, che il fondatore di Schoenstatt ha ricevuto e che ha pagato con 14 anni di esilio, non è stata dovuta a un problema di incomprensione da parte della gerarchia ecclesiastica, né per una famosa lettera all’episcopato tedesco che non è stata ben accolta a Treviri; piuttosto, è stata principalmente dovuta all’incomprensione e al rifiuto da parte di alcuni membri della stessa comunità a cui si era donato fino all’estremo. Cosa è successo allora? Noi schoenstattiani abbiamo bisogno di sapere che cosa è successo e perché un gruppo di donne si è sentito maltrattato da questo santo sacerdote. Solo questo ci aiuterà a comprendere meglio il carisma del nostro comune padre e della sua figura profetica.

Un’opportunità preziosa e dolorosa

Negli anni ‘70 non si poteva dire alla Famiglia di Schoenstatt che il figlio di Katharina Kentenich era nato fuori dal matrimonio. I quadri dirigenti temevano che ciò avrebbe rovinato la figura del fondatore e accresciuto i sospetti sul suo genio di “sacerdote delle anime”. È stato grazie alle ricerche pionieristiche di p. Hernan Alessandri e alle più recenti ricerche di suor Dorothea Schlickmann che la verità è ormai nota. Oggi nessuno dubita che questa verità sia stata un dono che conferma che Josef Kentenich faceva parte di una speciale predilezione divina.

Questa è anche una preziosa e dolorosa opportunità per la Presidenza internazionale e per il Segretariato responsabile della causa di beatificazione di p. Kentenich di fornire aria fresca e luce chiara su quanto è accaduto dopo Dachau e prima di Milwaukee. Inoltre, mi viene da pensare che potrebbe essere istituita una Commissione d’inchiesta per trattare in modo oggettivo quanto accaduto nel processo di Visita Apostolica e le motivazioni del decreto disciplinare del Sant’Uffizio, una commissione di uomini e donne di provata competenza, altamente competenti e indipendenti che potrebbero avere accesso allo stesso Archivio della controversia.

Gli schoenstattiani vogliono uno “Schoenstatt in uscita” che si presenti come una risposta al mondo e che non debba uscire nei prossimi 20 anni per dare spiegazioni sul comportamento del fondatore senza nemmeno sapere che cosa è successo. Sicuramente, la Famiglia saprà contribuire al Capitale di Grazie e con risorse economiche per qualcosa di questa portata, poiché qui è in gioco il Regno di verità e di giustizia che Schoenstatt vuole incarnare.  Mi sembra che sostenere questa commissione d’inchiesta sia una delle cose più urgenti e necessarie che noi figli possiamo fare per ristabilirla correttezza del nome del padre.

Originale: Spagnolo, 03.07.2020. Traduzione: Pamela Fabiano, Roma, Italia

E ora? Pubblicati documenti che accusano p. Kentenich di abuso di potere.

Tags: , , , , , ,

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *