Postato su 2019-05-27 In Casa Madre de Tuparenda, Kentenich

Pedagogia kentenichiana nella periferia (3)

Pedagogia kentenichiana nella periferia, P. Pedro Kühlcke •

Libertà in carcere, è possibile? Sì, ha detto P. Kentenich. E lo dimostrava. Sì, dice P. Pedro Kühlcke, e lo dimostra: nel carcere minorile di Itaguà, a pochi chilometri dal Santuario di Tupãrenda. La domanda forse più audace la facciamo noi da qualche mese da Schoenstatt.org: la pedagogia kentenichiana in periferia, è possibile? Sì, risponde P. Pedro Kühlcke, e lo dimostra nel carcere minorile, in questa terza parte della sua riflessione circa la pedagogia di ideali. Se è possibile in questa periferia, deve essere possibile anche in altre. Anche a Schoenstatt. –

 

Pedagogia di ideali

Credo che questa parte la conosciate un po’ meglio. Pedagogia di ideali: che significa? Per P. Kentenich, la cosa più importante era l’ideale personale. Volete una delle tante definizioni dell’ideale personale che ci dà Padre Kentenich? Tenetevi forte e ascoltate bene, perché è super complicata:

“Ora devo aggiungere, in senso aristotelico e anche nel nostro senso: si tratta dell’idea originaria che Dio ha avuto della mia persona e del mio compito e la cui base è stata messa a mia disposizione attraverso le mie doti naturali e soprannaturali. In questo contesto, ricordo brevemente che, insieme quanto appena detto, è molto importante anche il contesto, ciò che ci circonda, per esempio il modo e il luogo in cui sono cresciuto, i miei superiori  e altri fattori simili”.[1]

Tutto chiaro? Cosa è l’ideale personale? È l’idea originaria che Dio ha avuto della mia persona e del mio compito. Traduzione: quando Dio mi ha creato, ha avuto un bel sogno – per ognuno di noi Dio ha un bel sogno, e per ciascuno è un sogno differente! Non siamo figurine ripetute, non siamo soldatini che marciano tutti in fila. Ognuno è originale, unico; nessuno di noi esiste per caso, nessuno è stato “buttato” nel mondo. Dio ha un sogno meraviglioso per ciascuno – purtroppo molte persone non hanno idea di quale sia questo sogno. E passano la vita ubriacandosi, o peggio.

Il nostro compito è scoprire quel sogno: perché Dio mi ha messo in questo mondo? Quando comincio a scoprire questo sogno, avrò subito più forza e potrò dire: “voglio realizzare questo sogno!”. Allora non mi importerà ciò che diranno, non importeranno le tentazioni, perché io ho un sogno, io voglio realizzare quel sogno.

Questo è la pedagogia di ideali. Avete visto che non è così complicato? Certo, P.K. aggiunge qualcosa in più: parla dell’idea originaria che Dio ha avuto per la mia persona, del mio compito…qual è la mia missione? E come la scopro? Le basi di questo sogno, dice P.K., sono state messe da Dio a mia disposizione, nelle mie doti, nei miei talenti. Avete visto che nella G.M. facciamo il test dei temperamenti e moltissime  cose per trovare l’ideale personale? Se Dio ha un sogno per me, allora mi dà anche gli strumenti per scoprirlo e realizzarlo.

P.K. continua dicendo che anche il contesto è importante. Dio mi parla anche attraverso ciò che mi circonda. Perché proprio a me è capitata questa famiglia? Perché proprio a me è capitato di nascere in Germania nel 1963? E perché proprio a me è capitata questa o quell’altra cosa? Con tutto ciò Dio mi parla e mi dà la possibilità di scoprire il suo sogno per me, e mi dà gli strumenti per iniziare a realizzarlo: pedagogia di ideali!

Possiamo parlare di ideali in carcere? Io personalmente direi che è la cosa più importante, e la cosa più centrale di ciò di cui bisogna parlare. Nel carcere incontro molti giovani che mi dicono: “Pa’ì, la mia vita non ha senso, in realtà non so perché esisto”. Un ragazzo, una volta, mi ha raccontato: “mia mamma mi ha abbandonato quando avevo tre anni e se ne è andata a vivere con un altro uomo, mio papà nemmeno lo conosco. Sono cresciuto con mia nonna, però è morta quando avevo otto anni; in quel momento sono rimasto solo al mondo. Nessuno sa che io esisto, non interesso a nessuno, la mia vita non ha senso”. Di fronte a questo abisso di solitudine e assurdità è fondamentale poter dire: “No! tu non sei al mondo accidentalmente, la tua vita ha senso, Dio ha voluto che tu esistessi! Forse tua mamma non voleva che tu esistessi e tuo papà non si è mai occupato di te, però Dio ha fatto di tutto perché tu esistessi, perché ti ama moltissimo”

A volte racconto loro dell’infanzia di Padre Kentenich. Voi sapete che il papà del Padre Fondatore non lo ha mai riconosciuto e lo ha sempre rifiutato? La mamma era una collaboratrice domestica e non poteva tenerlo con sé. Lui è cresciuto con i suoi nonni, era un “abuela memby”[2]. Però con il tempo i nonni invecchiarono, e non potevano più badare a lui. La mamma aveva un impiego faticoso in cui non poteva portare suo figlio. Quando J. Kentenich aveva 8 anni, la mamma, con tutto il dolore del suo cuore, lo ha lasciato in un orfanotrofio. Terribile! Molte volte lui scappava da quell’orfanotrofio, a causa della sua voglia di libertà, e a causa di come si viveva male lì dentro ; la polizia lo trovava e lo rimandava lì. P.K. non ha avuto una vita facile. Però lui ha scoperto comunque che Dio lo amava e che gli aveva dato una Mamma nel cielo.

 

Quando parlo ai giovani in carcere dico sempre loro: Maria è la mamma che non ti abbandona mai, come suo figlio Gesù. E Dio ti ha messo in questo mondo perché ti ama, e ha un bellissimo sogno per te”.  Ad ascoltare questo, spesso mi guardano come per dire “di che mi sta parlando questo prete?”, e allora mi metto un po’ a sognare con loro, e dico loro per esempio: “ti immagini un giorno avere un bel lavoro, un bell’ufficio, e con il solo sudore della tua fronte comprare un piccolo terreno e costruire la tua casa? E un giorno avere una brava donna al tuo fianco, e avere figli meravigliosi?”, e il viso dei ragazzi si illumina. “E i tuoi figli, immaginati che un giorno verranno e diranno “grazie, Dio mio, per il bravo papà che mi hai regalato!” – “sì Pa’ì, questo mi piacerebbe molto!”  -“e che i tuoi figli non soffrano tutto ciò che tu hai sofferto?” – “sì, per questo voglio lottare Pa’ì!”. Quel giovane aveva già un sogno, aveva già quasi un ideale personale, come diremmo a Schoenstatt: “la mia vita ha senso, c’è qualcosa per cui vale la pena lottare!”

“non voglio che i miei figli soffrano ciò che ho sofferto io, voglio essere per loro il papà che io non ho mai avuto.”

Forse potremmo quasi dire che questo è stato l’ideale personale anche di P.K. – È stato un papà per moltissime persone, lui che non ce l’ha avuto un papà. Ai giovani in carcere è qualcosa che li motiva molto. Padre Guillermo Carmona, che molto tempo fa quando ero novizio fu mio maestro e che è anche  stato molto tempo Direttore del Movimento in Argentina, una volta ci fece visita a Casa Madre di Tupãrenda. Molto dopo ha raccontato che una delle cose che lo colpì di più fu quando la direttrice della Casa gli disse: “quando un giovane scopre il senso della sua vita lascia la droga e la malavita”. È una verità! La pedagogia di ideali ti cambia la vita!

Quando un giovane scopre il suo sogno:  “io voglio essere un buon papà, voglio essere il papà che non ho mai avuto!” allora io gli parlo in forma più diretta. Gli dico “bene, in questo bellissimo sogno per la tua vita, c’è droga? C’è violenza?” – “no Pa’i” – “come mamma dei tuoi figli, vuoi una brava donna o una ragazza di strada, drogata e ricercata?” – “una brava donna, ovviamente” – “e una brava donna vorrà stare con un ladro, drogato e carcerato? O con un brav’uomo?” – “con un brav’uomo, Pa’i” – “bene, allora qual è il tuo compito?” – “devo arrivare ad essere un brav’uomo; devo lasciare la droga e simili, perché un giorno voglio essere un buon papà!”

Questo cambia la vita! E come disse la direttrice della Casa Madre: questi giovani lasciano la droga. Perlomeno alcuni…certo, ci sono molti ragazzi che ci ricadono, abbandonano, e tornano alla stessa vita disastrosa di prima. Però alcuni ci riescono! Non so se conoscete amici, compagni, parenti, che ci sono passati…una volta che uno cade nella droga, è molto difficile lasciarla; però la pedagogia di Schoenstatt è un grande aiuto! “Ho un ideale, vale la pena lottare per questo ideale, anche se l’astinenza quasi mi uccide e voglio tornare a consumare droga. Non cadrò di nuovo, perché voglio essere un buon papà”.

Questa è la pedagogia di ideali, e qui a Tupãrenda la sperimentiamo! Nella Casa Madre ci sono giovani che erano molto assuefatti, erano caduti molto in basso, però sono riusciti a superare tutto, e oggigiorno sono stimati professionisti. Vi rendete conto di come tutto ciò ha veramente a che fare con ciò che stiamo leggendo? Questo [4] non è un libro pieno d teorie, ma ciò che stiamo cercando di fare a Schoenstatt.

 

 

Equipo de la Pastoral carcelaria

 

 

Conferenza per la Gioventù Maschile di  Tupãrenda, 3ª parte
16 settembre 2018
P. Pedro Kühlcke, parte 3

 

Trascrizione: José Argüello, Tita Antras. Correzione e redazione finale: P. Pedro Kühlcke

Originale: Spagnolo. Traduzione: Virginia Cosola, Roma, Italia

 

[1]    Herbert King (ed.), José Kentenich: Una presentazione dei suoi pensieri in testi. Tomo 5: Tesi pedagogici. Ed. Nueva Patris, Santiago de Chile, 2008. Citato come “King”. Pag.  344.
[2]    ”Figlio di nonna” ─ creato dalla nonna, molte volte con nessun contatto con i genitori.
[4]    il libro dei “Testi Pedagogici”.

 

 

Pedagogia kentenichiana nella periferia

Libertà in carcere?

 

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