Postato su 2015-07-31 In secondo seculo

Tre domande intorno a Schoenstatt nel secondo secolo dell’Alleanza d’Amore (35)

Oggi risponde: Carlos E. Barrio e Lipperheide, avvocato, laureato nell’Università Nazionale di Buenos Aires (1981), specializzato in diritto imprenditoriale e finanziario. Ha studiato in Argentina e Harvard, nella Facoltà di Diritto della UBA, e coaching ontologico nell’Istituto di Studi Integrali. È direttore del programma di coaching di INICIA, organizzazione senza fine di lucro dedicata a dare corsi di formazione a nuovi imprenditori. Ha scritto il libro “Vivere la impresa in forma organica” che cerca applicare la visione del mondo di Giuseppe Kentenich alle Imprese e ai libri “Il Rosario del lavoro e della vita” (con il prologo di Padre José María García), e “Lavorare pregando” e di inoltre è autore di vari articoli in Schoenstatt.org sulla applicazione kentenichiana nell’ambito imprenditoriale. È sposato e padre di due figlie, appartiene alla Opera Familiare di Schoenstatt, e coordina la Sezione Argentina del Centro Iberoamericano di Imprenditori e Esecutivi di Schoenstatt, CIEES. •

A sei mesi di pellegrinare per il secondo secolo dell’Alleanza d’Amore… Come sogna questo Schoenstatt nel suo essere, nel suo essere nella Chiesa e nel mondo, e nel suo lavoro?

Sogno un Schoenstatt che apporti al mondo moderno e alla Chiesa la sua propria originalità. Essere  sé stessi nella Chiesa e nel mondo.

Sogno un Schoenstatt che si rinnova a sé stesso e che non abbia paura di seguire tutti i concetti che ci ha tracciato il nostro Padre Fondatore, con tutta le novità che ha.

Sogno che siamo un faro di luce coraggiosa come è stato Padre G. Kentenich, il nostro Fondatore, assumendo i rischi che si presentano.

Per compiere questo sogno, che cosa dobbiamo evitare o tralasciare?

  • Essere “meccanicistici”. Questo rischio è permanente, e facilmente noi ci sbagliamo per la forma di vedere e vivere la realtà.
  • Vivere della apparenza senza vita.

Per giungere a compiere questosogno, quali passi concreti dobbiamo fare?

  • Vivere profondamente le tre grazie del Santuario: 1) L’accoglienza (come una forza centripeta), cioè, come grazia che ci porta al Santuario, verso il Padre attraverso Maria. Ci porta al nostro Santuario del Cuore, al nostro Santuario domestico e al nostro Santuario del lavoro. Lì ci sentiamo come sul Monte Tabor. Dobbiamo vivere del nostro Santuario ci sentiamo accolti nella nostra casa. 2) A partire da lì dobbiamo essere argilla blanda nelle mani di Maria e del Padre per essere trasformati y 3) se veramente siamo stati trasformati andremo per il mondo a trasmettere il nostro carisma (invio). Dobbiamo vivere della dinamica di queste tre grazie: l’accoglienza, la trasformatrice e la fecondità apostolica, l’invio.
  • Dobbiamo anche lavorare profondamente nel nostro carisma.  Dobbiamo offrire al Papa Francesco la nostra propria originalità kentenichiana. E in questo senso dobbiamo leggerein chiave i documenti del Papa e domandarci ad esempio che cosa possiamo apportare all’Esortazione “Evangelii Gaudium” e al “Laudato si” da Schoenstatt? Non è solo questione di assumere i suoi valori e principi, bensì di esprimerli di nuovo secondo la nostra propria originalità. Non solo dobbiamo studiarla ed applicarla come buoni cattolici. Dobbiamo anche fare i nostri apporti ed accentuazioni dalla nostra visione del mondo, perché altrimenti corriamo il rischio di vivere massificati, di essere cattolici “meccanicistici” e non organici.  Il che ci porterà a domandarci: qual è il propriamente nostro? Qual è la nostra missione? Qual è il nostro apporto originale? E di conseguenza dobbiamo lavorare per fare il nostro proprio apporto.
Originale: spagnolo – Traduzione: Maria Tedeschi, La Plata, Argentina

Foto Carlos

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