Postato su 2016-03-03 In opere di misericordia, Progetti

Il lungo cammino verso la “Casa Madre di Tupãrenda”

PARAGUAY, redatto da Ana María Acha, presidentessa di “FundaProva” (Fondazione per la promozione dei valori e la prevenzione della violenza)•

Dal mio esordio come legislatrice nel 2003 fino alla conclusione del mio mandato come Presidentessa della commissione dei Diritti Umani della Camera dei Senatori nel 2013, ho sempre sentito che dovevo dare priorità ad una mia speciale preoccupazione verso i detenuti del paese. Questo perché non sono mai riuscita a immaginarmi un luogo dove si potesse raggiungere un degrado maggiore dell’essere umano così come avviene nei penitenziari della Repubblica. I detenuti devono essere solamente privati del diritto alla libertà, non gli si dovrebbero essere negato anche il diritto alla salute, all’educazione, alla privacy e a una vita dignitosa! Se teniamo a mente che molti di loro entrano in carcere solo per il furto di un cellulare e ne escono come dei delinquenti esperti, ci rendiamo conto che il sistema penitenziario è una parte molto importante della sicurezza cittadina. Le carceri infatti sono delle vere università della delinquenza, a cui si aggiunge un’esasperante ingiustizia che possiamo constatare nella grande maggioranza dei poveri mentre la presenza dei ricchi rappresenta l’eccezione. In uno Stato come il nostro, in cui le istituzioni non funzionano, non sembra esservi giustizia: infatti la maggior parte dei “deprivati della libertà” si ritrovano a passare anni in carcere senza che il loro caso sia stato trattato, senza che siano chiamati a giudizio, e fanno appello a chiunque sia disposto ad ascoltarli affinché qualcuno possa sollecitare il processo.

05. Algunas palabras

Ana María Acha, della Federazione delle Famiglie  (la secondo da sinistra)

“Ana, perché hai così a cuore i delinquenti?”

In momenti diversi mi è stato chiesto: “Ana perché hai così a cuore i delinquenti?”. Sentivo che per molti la reclusione rappresentasse più una vergogna che una sanzione per correggerli e riadattarli alla società così come è enunciato nella nostra Costituzione. La società che li margina e che li spinge in molti casi alla delinquenza senza offrirgli la possibilità di studiare o lavorare, è la stessa che dopo li condanna, affibbiandogli per sempre l’etichetta di “indesiderati” da tutta la comunità. In questo caso dovrebbe essere responsabilità dello Stato di prenderli a suo carico, impiegando tutte le sue risorse per reinserirli in società, ma sappiamo bene che la realtà non è questa.

Azzardiamo un paragone con la piaga che oggi più ci affligge: la zanzara del dengue o del zika, che si moltiplica in incubatoi che cerchiamo di sterminare, allo stesso modo “gli incubatoi dei delinquenti” sono le carceri.

12. La piedra fundamental

Una lotta contro mulini a vento

Detto ciò, al termine del mandato parlamentare, possiamo dire di aver denunciato varie volte l’incostanza dello Stato e delle Istituzioni penali e richiamato l’attenzione delle autorità pertinenti, nonché realizzato ovviamente dei progetti a favore dei detenuti – come l’attivazione di un sistema informatico, accessibile via computer, che mettesse a disposizione del detenuto le informazioni relative allo stato del suo processo ma che, dopo due anni di lavoro, durò solo 5 mesi perché “qualcuno” lo distrusse – ma alla soddisfazione di aver dato il nostro meglio per la giusta causa, lottando contro mulini a vento, si univa la frustrazione di non aver raggiunto il grande obiettivo finale.

L’iniziativa di Padre Pedro Kühlcke

Quando, in occasione di un ritiro sul finire dell’anno 2014, Padre Pedro Kühlcke espresse la sua vocazione alla pastorale penitenziaria e in particolare ai giovani in conflitto con la legge, invitando chi fosse interessato ad aderire a questo apostolato, mi ci avvicinai senza timore per raccogliere maggiori informazioni e offrire la mia modesta collaborazione.

Iniziai così un attività molto motivante, che generava in me un sentimento duplice: speranza e incredulità. Speranza perché cominciai a partecipare a delle riunioni con persone di vario tipo, di cui molti erano giovani che “giravano” e che si cambiavano con altri più interessati; in questo modo prendeva corpo passo dopo passo l’organizzazione. C’era molta speranza perché, come confermerà Padre Pedro, la allora ministra della giustizia, Sheyla Abed, incominciò ad interessarsi al progetto poiché il suo capo di gabinetto frequentava assiduamente le nostre riunioni. Però questo stesso sentimento generava incredulità: il dubbio che il governo potesse realmente appoggiare questo progetto fino alla sua realizzazione finale, essendo cosciente delle modalità di funzionamento dello Stato paraguayano, non mi permetteva di credere fino in fondo che ciò che stavamo pianificando potesse arrivare a concretizzarsi.

Avevamo già chiuso il conto in banca aperto per la recezione dei fondi promessi, dal momento che l’erogazione non si formalizzava, quando, a metà gennaio di quest’anno, ci avvisarono repentinamente che di li a pochi minuti li avremmo ricevuti e ciò generò una corsa contro il tempo: la Mater con tutto il suo potere ci permise di risolvere il problema, il conto in banca fu riattivato in meno di dieci minuti!

Il Ministero di Giustizia realizzò così la sua promessa ed è per questo motivo che esprimiamo grande gratitudine all’attuale Ministra Carla Bacigalupo che con molta forza appoggia il progetto.

Ancora stupiti ed emozionati per questo sorprendente successo, venerdì 12 febbraio è stata benedetto il primo mattone. Con la presenza di diverse autorità, tra cui l’ex e l’attuale ministra di Giustizia, il viceministro di giustizia, la viceministra dell’industria e del commercio e il suo capo di gabinetto, la direttrice di SINAFOCAL (Sistema nazionale di formazione al lavoro), le autorità della giunta comunale di Itauguá, i membri dell’azienda che ha vinto la gara di appalto per i lavori e molti altri, ci sentiamo tutti parte di una squadra. Festeggiamo non solo l’inizio di un progetto comune ma anche l’entusiasmo di contribuire alla costruzione di questo paese che ancora ci fa soffrire. Non scordiamoci di ringraziare, noi tutti, la Mater che ci ha dimostrato in questo modo che tutto è nelle sue mani, che lei spianerà la strada sia nel momento che nel modo più giusto.

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In alleanza

Devo confessare che ancora oggi mi sento emozionata. Finalmente un’opera concreta in via di realizzazione. Ciò che non è stato possibile realizzare con il Potere Legislativo, è stato compiuto dalla società civile in collaborazione con lo Stato e, in questo giorno di alleanza, io attribuisco il merito interamente a quella che sigilliamo con Lei.

Era arrivata l’ora e il momento: già a partire dal giorno di inaugurazione abbiamo ricevuto moltissime richieste di adesione e appoggio dai ministeri e dalle altre istituzioni che si uniscono alla crociata. Si aprono varie porte!

Oggi ringrazio profondamente i componenti della Fondazione, persone validissime che seppero “camminare nella notte con fiducia nell’alba”, ringrazio Padre Pedro che seppe mantenere viva la fiamma della speranza con fede e allegria, ringrazio la comunità dei Padri di Schoenstatt che cedette in comodato d’uso l’immobile dove si realizzerà la Casa, e infine le persone che in qualche modo ci hanno appoggiato nella nostra missione.

Una bella sfida

Non possiamo quantificare gli enormi benefici che possiamo ottenere accogliendo questi giovani: il solo percepire che qualcuno si sta occupando di loro o l’essere riconosciuti come persone che valgono sono solo l’inizio di un cambio di rotta nella loro attitudine e condotta.

Ma anche se ad oggi siamo impegnati in questo compito, non dobbiamo perdere di vista la meta finale a cui dobbiamo puntare come adulti e genitori impegnati nella nostra comunità, nel nostro paese: perché in futuro non sentiamo più la necessità di costruire più o migliori carceri, che sia un futuro non lontano come quello di molti paesi del mondo occidentale, perché i nostri giovani possano arricchirsi di cultura e valori e conquistare una vita dignitosa che li allontana dai vizi e crimini. È una bella sfida.

03. Algunos internos también participaron

Originale: Spagnolo. Traduzione: Claudia Minici, Roma, Italia

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